venerdì 4 marzo 2011

Caso Ruby. «Vi spiego perché la riforma della Giustizia e il conflitto di attribuzione sono un bluff»


Roma. «È ridicolo. È solo l’ultimo capitolo di una serie infinita di scempiaggini e abusi messi in atto da una maggioranza che vede le istituzioni come dépendance in cui accampare i propri teatrini a uso e consumo dei bisogni del capo. Fini si è ben districato in una trappola tesagli ad arte dai suoi ex sodali. Una situazione davvero paradossale: in qualità di presidente della Camera deve dare corso alle richieste dei capigruppo come richiesto in astratto dalle regole. Ma allo stesso tempo, anche solo ipotizzare che la telefonata del premier in questura possa essere un reato ministeriale sfida il comune senso del pudore». Ex magistrato, ministro ombra della Giustizia per il Partito democratico, Lanfranco Tenaglia è fortemente perplesso dall’accelerata impressa dal Pdl sul conflitto d’attribuzione per il caso Ruby.
Onorevole, a Fini è capitata una bella grana.
Nonostante la palese inconsistenza delle richieste avanzate dai capigruppo, il presidente della Camera ha dato prova d’equilibrio schivando il trappolone ordito contro di lui. L’unica via maestra per dirimere una questione che non avrebbe ragione d’essere resta la Costituzione. Bisogna far finta che ci siano i termini per sollevare il conflitto di attribuzione, e aspettare che il nodo sia sciolto infine dalla Consulta.
Ci sono opinioni discordi sull’iter da seguire. Giusto partire dalla Giunta per il regolamento, come indicato da Fini?
È un principio di cautela quanto mai opportuno. Non esistono precedenti specifici e non esistono nei regolamenti parlamentari norme specifiche sul punto.
Ma l’Ufficio di presidenza potrebbe evitare il passaggio in Aula?
Posto che bisogna ricorrere a un’interpretazione di principi generali, e non al peso specifico di una vicenda che si commenta da sola, sono dell’opinione che la parola debba essere data all’Aula, senza filtro preliminare.
Se venisse sollevato il conflitto di fronte alla Corte, i tempi previsti farebbero al caso di Berlusconi?
Si tratterebbe di un’operazione in due tempi. In una prima fase i giudici costituzionali devono valutare il ricorso del ricorrente in camera di consiglio e senza contraddittorio. In seconda battuta, se giudicano ammissibile il ricorso, la Corte dispone la notificazione alle parti e dà un termine al ricorrente perché ridepositi il ricorso. Passerebbero circa sei mesi per entrare nel merito del conflitto sollevato.
Vista la tempistica poco utile, non è che l’operazione messa in piedi dai berluscones è solo una maniera per tenere alto il polverone?
Si tratta dell’ennesima operazione propagandistica. Visto che sul conflitto è chiamata a votare la Camera, dove c’è la maggioranza, il via libera sul conflitto di attribuzione sarà strumentalizzato per accreditare la tesi del complotto delle toghe rosse.
Gasparri ha accusato la Procura di Milano di portare avanti il processo ignorando l’opinione della Camera.
Non c’è bisogno di una mia risposta. Basta consultare la legge del 1953 che regola la materia. Nel caso di conflitto di attribuzione, il processo può essere sospeso esclusivamente per gravi ragioni, con una ordinanza motivata, e soltanto dalla Corte. I magistrati di Milano operano quindi nella più completa legittimità.
Dalla riforma della giustizia è sparita proprio la Consulta “a maggioranza comunista”. Improvviso ravvedimento?
Non ci sarà nessuna riforma della giustizia. È solo fumo negli occhi e voglia di tenere alta la tensione. La maggioranza ne parla da anni, senza aver prodotto una sola riga in merito. (f.l.d)

Da Liberal 4 marzo 2011

Nessun commento:

Posta un commento