Da Liberal 1 aprile 2011
Roma. Gli occhi scerpellati che fanno la spola da Franceschini a Gianfranco. La vena del collo che fibrilla di sconcezza. L’avambraccio che schizza in alto a emulare la folle metrica del maestro Scannagatti. Il turpiloquio che infine esonda, gutturale e liberatorio come un ciclopico singulto nel dopo pranzo. Sarebbe bastato sovrapporre la marcetta sgangherata di una banda di Paese, per godere appieno della straordinaria pagina di avanspettacolo andata ieri in scena in Parlamento.
Non fosse che l’intento parodistico del principe De Curtis, ieri si è incarnato in La Russa (promosso La Rissa per ragioni curriculari) in tutta la sua irsuta rudezza. Montecitorio come Caianello. Una sgangherata quadriglia attorno alle macerie del Paese, che ieri Totò seppellì in una risata, e oggi Ignazio riesuma personalmente, con tanto di epigrafe oscena dedicata al suo padre politico. Sono tornate le monetine. Scintillano le manette. Due indizi fanno una prova. E forse la recente performance che ha incorniciato il processo breve della sua degna celebrazione, ha siglato il tracollo della Seconda Repubblica, come dicono alcuni. Se non l’altro ieri, quando? Diciamo noi.
«Una temperie culturale del genere ci dice che è sopraggiunto il declino», conferma a liberal Massimo Cacciari, filosofo e rimpianto ex sindaco di Venezia. «Ieri abbiamo assistito a un leitmotiv tipico di questo Paese. È l’Italia che mima la guerra civile perché non riesce a farla davvero», annota Cacciari. Provocazioni cercate come cambiali da incassare a petto in fuori, dinanzi agli esimi colleghi. Provocazioni lanciate a propria volta per incendiare il clima politico e proclamare un omerico vaffa confidando di tenerlo segreto nella vucciria dei banditori in grisaglia. Un calcione negli stinchi della democrazia, da chi l’esalta soltanto se soggiace al suo tallone. E la reputa buffonesca se esplode in una domanda o in una legittima contestazione. «Il gesto di La Russa non mi stupisce affatto. Anzi bisogna aspettarsi ancora molto di peggio», attacca Emanuele Macaluso, ex direttore dell’Unità con un lungo passato nelle file del Pci. «Questo è un Parlamento di nominati – prosegue il direttore de Le nuove ragioni del socialismo – pieno di feccia e robaccia come i Responsabili. Ci sono stati più di 130 cambi di casacca. Ed è facile fare a meno di qualità e dignità, quando non si risponde ai propri elettori». Quali soluzioni dunque per andare oltre La Rissa permanente? «Il ministro della Difesa è l’immagine plastica di questo Paese fumantino e scalmanato – osserva Cacciari –. «Mandare platealmente al diavolo il presidente della Camera segna il punto di non ritorno di questa maggioranza». Ma il professore prova a delineare la possibile via d’uscita. «Bisogna aprire una fase costituente che consenta ai più responsabili di rifondare il patto costitutivo della politica. O per dirla nello stile più in voga: bisogna mandare a quel paese personaggi come La Russa e Berlusconi», ironizza il professore. Di più larghe convergenze il programma di risanamento illustrato da Emanuele Macaluso: «Bisogna dire basta a questo Parlamento di infimo livello. Non si possono assumere i politici a Montecitorio come si assumono i domestici a casa propria». Monetine e manette, si diceva. La Seconda Repubblica che finisce allo stesso modo della prima?
«Il clima politico<+txt_tondo> è completamente diverso da quello di Tangentopoli», obietta l’ex presidente della Camera, Luciano Violante. «E tuttavia bisogna ammettere che la condotta del ministro La Russa è davvero fuori dall’ordinario, per così dire. È vero, si è recato fuori dall’aula in modo inconsulto ad affrontare i contestatori. Ma la vera domanda è: era stato informato del rischio soggettivo che correva là fuori? E in secondo luogo, dov’erano i carabinieri che lui stesso presiede? L’hanno informato?». Il ministro non si è spaventato di certo, se poi è andato a oltraggiare il presidente della Camera levandogli il braccio a pochi centimetri della faccia. «Scene del genere, oltre a essere inammissibili, hanno la grave controindicazione di esporci al ludibrio internazionale, in un momento che già di per sé è abbastanza avaro di attestati di stima verso il Paese. Si rischia di rovinare l’ottimo lavoro svolto a New York dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano», ragiona Violante. Ma non è certo il gesto isolato di un ultrà, quello del ministro La Russa. Perché così tante e grottesche tensioni? «Dopo il crollo del Muro e la fine delle ideologie – constata Massimo Cacciari – questo Paese non ha saputo costruire più niente. E anzi ha spazzato via persino gli ultimi residui di un’etica elementare. Resta solo lo strepito e la cagnara, a riempire un enorme vuoto». E non dissimili, risultano le argomentazioni di Luciano Violante. «Siamo arrivati a questo grado di esagitazione perché non si riescono a realizzare riforme, ma soltanto leggine in forte odore di essere ad personam. È per questo che il paragone tra la fine della Prima e della Seconda Repubblica è improprio. Ieri il sistema politico arrivò al collasso perché si sgretolarono le fondamenta che la reggevano. Oggi siamo al culmine dell’isteria e dell’inconcludenza perché non si riesce a costruirne uno vero. Il gesto di La Russa esprime l’incapacità di accettare il confronto. C’è la totale indifferenza verso le riforme urgenti di cui ha bisogno il Paese, perché il personalismo esasperato della leadership berlusconiana ha creato la necessità di una continua e spesso infelice esposizione mediatica. Del capo e dei suoi difensori».
«Manca il dialogo e sovrabbonda il narcisismo», osserva Massimo Cacciari, «impossibile fare politica in queste condizioni. L’assenza di veri e grandi dibattimenti, favorisce la rissa. Le aule si trasformano in salotti televisivi dove vincono gli attori che fanno più smorfie». «È il basso impero del berlusconismo. Un sistema tenuto in vita artificialmente, che rilascia il tanfo inconfondibile di un sistema già morto. Il gesto di La Russa è una delle tossine del berlusconismo morente». Caianello che brucia mentre Ignazio suona l’arpa con il suo lirico canto. A questo punto non ci conforta neppure la saggezza di Macaluso.(f.l.d)
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