venerdì 14 ottobre 2011

Il presidente emerito della Consulta: «Napolitano non sarà contento della soluzione scelta da Berlusconi»


Roma. In un’aula semideserta, Silvio Berlusconi sale in cattedra per trentacinque minuti cercando di rassicurare tutti sulla tenuta della maggioranza. Ma la reazione più entusiastica che riesce a suscitare il presidente del Consiglio è nella collezione di sbadigli di Umberto Bossi. Durante il discorso del premier, il Senatùr dilata le mascelle per diciotto volte: uno sbadiglio ogni due minuti. Ciononostante il leader della Lega assicura che «Sì. Il discorso di Berlusconi mi ha convinto». Il sonno porta  consiglio. Sfiduciato di fatto all’indomani dell’approvazione del rendiconto, intenzionato a rispedire al Senato la legge sul consuntivo bocciata a Montecitorio, «Berlusconi ha scelto di ricorrere a una linea difensiva per limitare i danni», spiega a liberal il presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli. «La strada maestra che gli avrebbe permesso di riavere piena legittimazione di fronte alle Camere», spiega l’ex vicepresidente del Csm, «avrebbe dovuto essere quella delle dimissioni, e di un eventuale incarico bis».
Giorgio Napolitano aveva chiesto ieri al presidente del Consiglio una soluzione al pasticcio e una prova di operatività da parte del governo. Ma anche nel discorso di ieri, il premier è riuscito a confezionare solo qualche alibi e la solita misticanza di slogan.
In piedi di fronte alla Camera semivuota, pareva di rivedere in lui quell’indimenticabile professore Lamis di Pirandello: l’uomo che credeva di parlare a decine di studenti, e che invece faceva lezione a impermeabili e cappelli lasciati sui banchi. «Parlare di sfiducia è atto improprio perché non è stato approvato il rendiconto», ha detto Berlusconi, che però a derubricato la legge che approva il bilancio consuntivo a un «atto contabile». E pazienza se è incidentalmente previsto dall’articolo 81 della Costituzione. «È una legge caratterizzata dalla sua singolarità di natura finanziaria, ma ha pur sempre forma di legge», commenta il presidente emerito Mirabelli. «L’approvazione del bilancio consuntivo è un atto ricognitivo fondamentale perché di rilievo costituzionale. Il Parlamento ne è il mandante rispetto al mandatario, in quanto verifica che l’indirizzo adottato dal governo nel bilancio preventivo, abbia seguito il percorso corretto», argomenta Cesare Mirabelli. In aula Silvio Berlusconi ha dichiarato che «nell’approvare una legge sul rendiconto il cui contenuto è inemendabile il Parlamento conferisce una copertura legislativa al procedimento di accertamento e di verifica dell’anno precedente. In caso di votazione negativa di una Camera è del tutto improprio parlare di sfiducia». Eppure l’effetto prodotto è del tutto compatibile con la stessa. Perché mette in discussione, sul piano formale, il rapporto fiduciario che lega le Camere e il governo. «Nel caso della mancata approvazione del rendiconto», chiarisce il presidente emerito della Consulta, «le dimissioni non sono un effetto automatico o reso obbligatorio dalla legge. Tuttavia l’episodio verificatosi in Aula è un atto di manifestazione di non consonanza tra Parlamento e governo, in quanto inficia un obbligo di rilievo costituzionale. Si tratta insomma di un atto di sfiducia sostanziale».

Berlusconi avrebbe dovuto dimettersi, dunque? «La risposta alla domanda viene da un esempio semplice», osserva il presidente Mirabelli. «Che cosa succede quando l’amministratore di un’azienda presenta all’assemblea un bilancio che infine non viene approvato? Succede che l’amministratore si dimette», chiarisce il giurista. Silvio Berlusconi, dopotutto, ha il diritto di restare in sella? «Dopo l’incidente sul consuntivo», annota Mirabelli, «il presidente del Consiglio avrebbe dovuto preferire le dimissioni. Queste avrebbero portato a un reincarico, probabilmente, che gli avrebbe dato la possibilità di chiedere la fiducia alle Camere alla luce di una legittimità piena. La scelta di non passare per il Colle, pur se legittima, priva invece il presidente del Consiglio di quella piena autorità che gli concede la Carta. La scelta adottata dal premier è una “opzione minor”. Ma per dirla con le parole dell’uomo della strada, finché Berlusconi ha la maggioranza, il Parlamento se lo deve tenere». In vista del voto di oggi, i segnali non sono certo rassicuranti. «Domani voto la fiducia. Dopo si vedrà», argomenta il deputato di Popolo e territorio Maurizio Grassano. E anche se gli scajoliani assicurano a Berlusconi di voler rimettere il coltello nel fodero, la corrente malpancista lascia trasparire anche questa che per oggi non faranno mancare il sostegno al governo. E che sullo sviluppo e sulla scossa, promessi dal premier, vogliono ancora essere fatti persuasi. «È chiaro che gli amici che si sentono a disagio nel Pdl hanno tutto il nostro rispetto e attenzione. È un disagio che in queste ore si sta moltiplicando»,  rincara il leader centrista Pier Ferdinando Casini. Mentre sull’ipotesi di andare a rafforzare la maggioranza, Casini è tranchant: «È una cosa che è quasi ridicola da immaginare». Brutte notizie anche dall’Mpa di Raffaele Lombardo. I quattro deputati del Movimento per l’autonomia oggi non voteranno la fiducia al governo Berlusconi.

E c’è poi in dubbio anche la decisione di spostare al Senato la legge sul consuntivo. È consentito, visto che una legge bocciata non può essere ripresentata prima di sei mesi? «In questo caso credo sia preminente l’obbligo costituzionale di approvare il bilancio», chiarisce Cesare Mirabelli. «Di fronte a un evento così inconsueto ritengo si tratti di una soluzione accettabile, purché sia rispettata l’avvertenza di modificare formalmente l’articolo 1 che è stato bocciato a Montecitorio». Ma tra coloro che il presidente del Consiglio doveva e dovrà convincere nei prossimi giorni, c’è anche lo spettatore più importante. «Da parte del Quirinale c’è una alta vigilanza impeccabile, senza interventi politici», ha detto il premier in un passaggio che sembrava voler lenire con parole gentili le gravi perplessità del Quirinale. Basterà spostare al Senato la legge sul rendiconto, per esaudire i desiderata del Colle? «Il presidente della Repubblica è stato come sempre ineccebile», osserva Cesare Mirabelli. «Il capo dello Stato aveva richiesto indicazioni più puntuali in grado di segnalare l’esistenza di coesione e progettualità da parte del governo. Si era appellato al senso di responsabilità politica del premier, chiedendogli una soluzione», obietta il presidente emerito della Corte costituzionale. Il monito del Quirinale ha dunque trovato una risposta adeguata da parte di Silvio Berlusconi? «Questo bisognerebbe chiederlo al presidente Napolitano». Mirabelli sceglie di rispondere con l’arguzia. (f.l.d)

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