lunedì 11 giugno 2012

«La riforma semipresidenziale non si improvvisa: Berlusconi se ne inventi un'altra, i partiti giocano con il fuoco»

ROMA. «Siano i cittadini stessi a decidere con il loro voto il presidente della Repubblica. Vogliamo essere nella situazione di Atene, che è ingovernabile, o nella situazione di Parigi che appena eletto il presidente ha preso in mano la situazione anche a livello internazionale? ». Soltanto Silvio Berlusconi poteva pensare di spostare l’asse della Penisola con il semplice schiocco di una domanda retorica. Un po’di reclame e poi di nuovo linea allo studio, con un’Italia improvvisamente sbalzata dai chiari di luna ateniesi al Sol dell’avvenire francese. Il tutto con l’attivazione di una semplice opzione da cogliere al volo fino ad esaurimento scorte: Berlusconi presidente della Repubblica. Ma davvero il Paese è pronto a diventare Parigi nel volgere di una messa? Ed esistono i tempi tecnici perché le forze politiche possano sedersi attorno a un tavolo, una volta finiti gli echi dei giochi d’artificio? «La proposta semipresidenzialista lanciata dalPdl», spiega a liberal il presidente emerito della Corte costituzionale, Piero Alberto Capotosti, «non presenta soltanto difficoltà legate alla tempistica, ma una ben più rilevante questione di fondo: l’Italia non è ancora matura per il modello francese. Una riforma di questa portata sarebbe epocale, e richiederebbe un adeguato dibattito culturale che per mutamenti così importanti è del tutto irrinunciabile. È imprudente pensare di imporre ai cittadini una simile iniziativa, specie in considerazione del fatto che questa arriva alla fine di una legislatura caratterizzata da una maggioranza del tutto improduttiva, travolta dalla crisi. Ed è altrettanto azzardato, in particolare, che a promuovere il presidenzialismo sia un partito che esce dalle ultime elezioni con un livello di credibilità piuttosto scarso» 
Presidente, crede che le altre forze politiche prenderanno in seria considerazione la proposta del Pdl? 
Si tratta di un colpo di teatro per tentare di aggirare le attuali difficoltà in cui versa il partito dell’ex presidente del Consiglio. Ma le sorti di una forza politica non si possono cambiare con la bacchetta magica ed è difficile pensare che le altre forze politiche possano seguire il Pdl su questo terreno. A meno che non si voglia adottare una chiave di lettura maliziosa, che presumerebbe l’accordo preventivo del famoso Abc per scompaginare del tutto il quadro politico e riacquistare, in ragione della novità della proposta, la fiducia ormai perduta dei cittadini. 
Da una parte, è chiara dietro le intenzioni di Berlusconi l’idea di mettere in difficoltà il Pd. Bersani si troverebbe a dover discutere i candidati al collegio con gli alleati di coalizione. Ma che cosa ci guadagnerebbe il Pdl, oltre al fatto di forzare la mano alla Lega e al Centro in vista di un’alleanza?
 I sistemi di rappresentanza sono in stato di crisi, e non è escluso che più di qualche attore politico voglia affidarsi a una fuga in avanti per superare l’attuale congiuntura sfavorevole. Ed è probabile che il Pdl possa riporre qualche speranza nell’effetto di “trascinamento” che potrebbe produrre sugli elettori l’idea di un Berlusconi candidato a capo dello Stato in un sistema presidenziale. 
Ma l’invenzione del Cavaliere potrebbe vanificare anche quel poco su cui i partiti stanno lavorando in merito alla riduzione del numero dei parlamentari e al superamento del Porcellum Proprio così. Un’improvvisa svolta presidenzialista rischia di compromettere definitivamente un pacchetto di riforme che tuttavia è da considerarsi ormai tardivo e non del tutto soddisfacente. Misure come l’introduzione del voto di sfiducia costruttivo, il rafforzamento dei poteri del premier e il sudiperamento del bicameralismo perfetto avrebbero richiesto in primo luogo un adeguato dibattito. Senza contare che parte di queste misure sono già state bocciate dagli elettori con il referendum del 2005. I partiti avrebbero fatto bene a tenerlo in considerazione, dal momento che vivono una crisi di fiducia senza precedenti. 
Che cosa dovrebbero fare le forze politiche, per salvare il salvabile?  
Resta poco tempo alla fine della legislatura. Sarebbe perciò più opportuno concentrare l’attenzione soltanto su una riforma elettorale fatta naturalmente per via ordinaria, e su un nuovo assetto dei partiti capace di garantire trasparenza ed efficienza al sistema dei rimborsi elettorali. Poche cose ma fatte per bene. Non è con le dichiarazioni eclatanti, che si insegue l’exploit di Grillo. A proposito di rimborsi. Pensa che gli attuali correttivi introdotti in Commissione vadano nella giusta direzione? È un quadro fatto più di ombre che di luci. Si dice ad esempio che il finanziamento ai partiti è stato dimezzato, ma in realtà i rimborsi erano cresciuti a dismisura attraverso iniziative ad hoc nel corso degli anni passati. L’abbattimento del cinquanta per cento dei rimborsi è quindi da reputarsi fittizio, più che sostanziale. Ma c’è dell’altro che lascia perplessi. 
Dica pure. 
L’introduzione di una Commissione di controllo sui finanziamenti rappresenta un unicum. Non si capisce perché invece non si debbano attribuire alla Corte dei conti non solo i poteri formali ma anche quelli necessari a vigilare sulla trasparenza di un meccanismo tanto delicato che ha dato così cattiva prova di sé in questi ultimi anni. I partiti rischiano grosso. E il risultato sarebbe che se qualcuno dovesse promuovere un referendum, le forze politiche perderebbero quasi certamente ogni tipo di finanziamento. Ce lo ha già insegnato la storia. 
Forse la tentazione maggioritaria è il tentativo di fermarla. 
Di fronte a un innegabile mutamento di orientamenti da parte degli elettori, il ritorno di fiamma per il maggioritario può essere letto come l’estremo tentativo di tenere in vita il feticcio del bipolarismo che altrove, in Inghilterra come negli Stati Uniti, è ormai congenito. E qui, invece, viene tenuto surrettiziamente in piedi a dispetto di una crisi di sistema che si è ormai cronicizzata e non può essere risolta con espedienti. L’uscita di scena dei due principali leader del centrodestra ha chiuso una lunga pagina politica. E ora se ne apre una nuova, fatta di alleanze, soggetti e progetti inediti, che è ancora tutta da scrivere. Ti è piaciuto l'articolo? Vota Ok oppure No. Grazie Mille! Puoi votare le mie notizie anche in questa pagina.

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