Roma.Tastano ogni giorno il polso dell’opinione pubblica, mettono insieme fatti, ipotesi e sensazioni per spiegarci com’è fatto il presente. Ma soprattutto come può diventare il futuro. Da prassi raccontano oggi quello che tutti conosceremo soltanto domani. Chi, più del giornalista, può essere giustamente definito un prognostico? Uno che cioé, secondo prefisso, anticipa quella conoscenza più nota ad Atene come gnosis?
Tutto ciò che si poteva dire pro o contro il referendum è stato ormai scritto (e visto pochissimo in televisione, in mezzo a un’epidemia di refusi e afasie invalidanti). E dunque non c’è niente di meglio, confortati dall’autorevolezza del greco antico e di una sfacciataggine postmoderna, che interrogare alcune tra la più autorevoli Pizie della carta stampata. Con un’avvertenza metodologica: in adempienza al Concilio di Delfi II, il vaticinio non ha richiesto il sacrificio di nessuna capra. Motivo in più per ringraziare sentitamente coloro che hanno reso omaggio, con tanta ironia che speriamo ricambiata, all’antica arte aruspicina. Ai tempi di Delfi, come oggi, è soltanto una questione di fegato. Ma come finirà il referendum?
La previsione più favorevole è quella di Eric Jozsef, corrispondente in Italia del quotidiano francese Libération:«Vince decisamente il sì», spiega a liberal, «il nucleare arriverà a una quota abrogativa tra il 65 e il 70 per cento, mentre per l’acqua dico un numero secco, 70 per cento». Chapeau. Ma un vaticinio serio, non può fare a meno di chi del domani ha fatto il suo mestiere: Filippo Rossi, direttore de Il futurista. «Il referendum passa con il 51 per cento», pronostica Rossi. Finora ne ha azzeccate molte. Ora è il momento di scoprire se anche lui «ha sempre ragione». Il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti è invece scettico: «Credo che non passi, si fermerà sulla soglia del 40 per cento». Ardisce, ma non ordisce. Stupisce, invece, Vittorio Feltri: «Il referendum passa con una percentuale tra il 56 e il 57 per cento. Ma il mio, più che un auspicio, è un timore». Rassicuriamo tutti. Mentre il direttore ci parla, non ha le mani sul volante. L’ha lasciato a un altro. Ottimista, ma senza rammarico, si dimostra l’editorialista di Repubblica, Francesco Merlo: «Il referendum passa. Sarà determinante la reazione degli italiani alla legge truffa del governo sul nucleare. Non è più una questione di logica binaria».
Molto agguerrito il direttore di TgCom, Paolo Liguori: «Non me ne importa niente, i referendum sull’onda dell’emotività sono dannosi perché pregiudicano per anni le leggi dello Stato. Quando è passato il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, si è tenuto conto della volontà dei cittadini? Niente affatto. Dal ’93 ho scelto di votare soltanto in caso di refererendum costituzionali». Ci sarebbe da votare anche sulle legge Alfano, ma pazienza. Legittimo impedimento. Deciso anche Fabio Tamburini, direttore di Radio24: «Il quorum sarà raggiunto a mio avviso, ma non sono in grado di dire con quale percentuale». Non fa pronostici a favore o a sfavore, l’editorialista del Corriere della Sera, Piero Ostellino. Altro che dura legge del bipolarismo, in questo caso tertium est datur. «Il referendum passa, ma con grande fatica», annuncia Giampaolo Pansa. Che tiene a precisare però che «non votare è un diritto tanto quanto votare. Il presidente Napolitano ha sbagliato a invitare alle urne. E noi dobbiamo ricordare che c’è anche il sacrosanto diritto di starsene a casa propria». Come da titolo del suo ultimo saggio: il potere inutile dei giornalisti italiani. Grande feeling invece a via del Tritone, dove il direttore del Messaggero, Mario Orfeo, e il fresco caporedattore, Stefano Cappellini, concordano sul pronostico: «Il referendum non passa». Lieve variazione sul tema, la percentuale: Orfeo punta una fiche sul 42%, Cappellini sul 40. In questo caso nessuna battuta. Lavorano a pochi passi dalla redazione di liberal. Scommette sulla vittoria dei referendari, l’editorialista di Repubblica, Filippo Ceccarelli: «Il quorum arriverà al 53 per cento». Anche qui come da titolo di un suo brillante saggio. Più che un pronostico, un disegno preparatorio per un fregio celebrativo. «Passa ma a fatica, diciamo 51 o 52 per cento», osserva l’economista di Libero,Oscar Giannino. Acqua libera tutti?
Più tiepido Fabrizio Rondolino, neoeditorialista del Giornale: «Il referendum non passerà nonostante l’eccitazione delle ultime comunali. Credo poco alla spallata di una notte di mezza estate. Se dovessi sbilanciarmi su una percentuale, diciamo il 45%». Ma avverte: «Sbaglio sempre i pronostici». Scarsa confidenza con gli astri. Anche se di recente ha ottimamente recitato in Figli delle stelle di Lucio Pellegrini. Non si sbilancia il giornalista di Radio Radicale, Massimo Bordin. Nessuna scommessa. «Se non si giocano soldi, non ci si diverte». Vero. Ma non dev’essere peggio di una domenica con Pannella. Astenute (direttamente dal Corriere della sera) anche Gianna Fregonara, che declina cortese, e Maria Teresa Meli, che riattacca piccata. Come da blog: politicamente scorretta? Affabile come pochi, Massimo Gramellini, vicedirettore de La Stampa: «Il referendum passa con il 50% per cento dei voti più uno. Il tuo». Intelligenti pauca. Almeno stavolta non ci salveranno gli ingenui. Ha l’aplomb dello scommettitore professionista, il vicedirettore di RadioRai, Sergio Valzania: «Punto sul 52,7 per cento a favore del quorum. Ha registrato?». Per Roberto Alfatti Appetiti, firma del Secolo, niente da fare: «Non passa, si ferma al 46 o 47 per cento». Per la serie all’armi, siam diretti. «Passano tutti i quesiti, con una media del 54 per cento», risponde il giornalista del Fatto Quotidiano, Luca Telese. Che in caso di vittoria, ha qui servito il titolo del prossimo libro: “Qualcuno era nuclearista”. Astenuto, ma di umore scintillante, Bruno Vespa. Allontanato Santoro, pare quasi che canti: «Ho un Vespa special che, risolve i problemi...». Lui ci risponde con una risata:«Nemmeno per sogno». (f.l.d)
Nessun commento:
Posta un commento