Prima l’allarme pensioni lanciato dall’Istat, poi Moody’s che ci rimanda a settembre e last but not least, il rapporto Censis che descrive gli italiani come insetti intrappolati in un eterno presente perché non hanno una lira per pensare al futuro. Dissolto il velo d’aria fritta sparso a piene mani dai felici meteorologi del berlusconismo, il quadro della nostra situazione è finalmente svelato in ogni parte. ll problema è che assomiglia terribilmente alla Zattera della Medusa di Gericault. Dritti a babordo, a pochi metri dalla Grecia. Ci spieghiamo meglio: se l’Europa può essere paragonata alla famosa fregata francese che si incagliò a Waterloo, l’Italia è sempre più la zattera attaccata all’imbarcazione dei Paesi membri. Da un momento all’altro potranno decidere di tagliare la fune e abbandonarci al nostro destino. Oggi come allora, tutta colpa dell’inettitudine di un comandante sciagurato. Silvio come il De Chaumaray della Seconda Repubblica: bravissimo a intrattenere gli ospiti a bordo, ma senza la minima idea di come si tiene un timone. Il rapporto Censis non esce di metafora. De Rita non parla di un grave cambiamento dei costumi, ma di una mutazione antropologica. «Gli italiani non sono più capaci di guardare al domani, ma sono vittime del “presentismo”», scrive l’istituto nella ricerca illustrata ieri a Roma nell’ambito della XXIII edizione dell’iniziativa “Un mese di sociale”. L’onda lunga del berlusconismo dunque continuerà ad abbattersi sulla Penisola ancora per molti anni. «La società non avanza ma, credendo di avanzare, gira a vuoto e ricade sempre su se stessa, perché appiattita sul presente», mette a verbale l’istituto di De Rita. Tra i segnali più significativi di questa nuova tendenza c’è l’aumento dell’età in cui ci si sposa e si diventa madri. Dalla media del 1990 che era di 25,6 anni per le donne e di 28,5 per gli uomini, ai corrispettivi 30 e 33 anni di oggi. Il perché è presto detto. «La realtà spinge i giovani ad assumere atteggiamenti attendisti e in questo attendismo rielaborano il loro modo di vedere il mondo», annota il Censis. Un popolo di miopi, incapaci di vedere in prospettiva. In caduta libera, dopo lo tsunami Gelmini, la scuola, che per il 50 per cento dei giovani italiani è ormai un investimento a perdere, contro il 90 della Germania. E fare un’attività in proprio, senza padroni che eternano il precariato? Poche speranze: ci crede soltanto il 27,1 per cento dei nostri ragazzi, contro una media europea del 42. Il motivo di tanta sfiducia? Per la maggior parte uno solo: «Troppo complicato». Ma ci sono altri parametri, apparentemente marginali, che spiegano bene quello che il Censis definisce un generale “rattrappimento sul presente”. Ad esempio il tempo di permanenza su una singola pagina web, che nell’ultimo anno è diminuito tra 33 a 29 secondi: segno che navighiamo a vista, cerchiamo di continuo l’aggiornamento, ma abbiamo rinunciato a ricomporre i pezzi del puzzle italico. Probabilmente, si può aggiungere, cerchiamo di conoscere anzitempo l’ultima fregatura in programma, perché i processi generali li abbiamo capiti benissimo. E poi c’é il boom del consumo low cost, che per il Censis si basa sul «soddisfacimento del gusto dell’acquisto che così può essere ripetuto senza più cercare prodotti che ci accompagneranno a lungo o che abbiamo desiderato a lungo». Ci rifugiamo nello shopping per stemperare la miseria, insomma. Meglio comprare carabattole e cose scadenti, che tornare a casa con le pive nel sacco. Ma nelle tasche italiche, più metaforico di ogni cosa non manca mai il “gratta e vinci”. A fronte del calo dei tagliandi della lotteria, che richiedono settimane di insopportabile impazienza, dieci milioni di italiani si affidano ai giochi istantanei: pochi, maledetti e subito, altro che turista per sempre. Turista per niente, è invece il nostro pensionato medio. Uno su due ha un mensile inferiore ai mille euro ( e cioè circa otto milioni di persone), il 14,7 per cento è sotto i 500 euro (2,4 milioni), mentre il 31,8 (5,3 milioni) annaspa tra i 500 e i 1.000 euro. Ma nonostante tanto impegno nel rendergli la vita impossibile, il risultato è che le pensioni drenano sempre più Pil: dal 15,38 del 2008 al 16,68 dell’ultima indagine. Senza contare che gli uomini hanno quote più elevate nelle classi di importo mensile più alto, e le donne in quelle di importo più basso. La spesa per le prestazioni pensionistiche è salita, prosegue il rapporto Istat, dai 241.165 milioni del 2008 ai 253.480 milioni di euro attuali. La crescita è legata all’importo medio delle prestazioni erogate, che è aumentato del 5 per cento, a fronte di un numero di trattamenti pensionistici rimasto praticamente invariato. Ma se le pensioni assorbono Pil in maniera famelica, niente paura. Giusto il tempo che milioni di precari smettano di lavorare: visto che non avranno una pensione, tutto tornerà in splendido equilibrio. Terzo e ultimo capitolo è il trailer mandato in onda ieri da Moody’s: “Tutto quello che avreste voluto sapere sul nostro debito, ma Minzolini non vi ha mai detto". Dopo aver annunciato un possibile taglio del rating del nostro debito, l’agenzia ha deciso di marcare stretto le nostre principali società partecipate (Enel, Eni, Finmeccanica, Poste e Terna) e 23 tra città, province, regioni ed enti. E a rischio downgrade ci sono le province autonome di Trento e Bolzano, la Basilicata, l’Emilia Romagna, la Liguria, la Lombardia, le Marche, la Sicilia, la Toscana, l’Umbria e il Veneto. E ancora le province di Arezzo, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Torino, e le città di Bologna, Firenze, Milano, Siena, Venezia. Ma anche la Cassa del Trentino e Finlombarda. «Per le province autonome di Trento e Bolzano e per la regione Lombardia», precisa però Moody’s, «la revisione si focalizzerà sui fattori istituzionali che hanno consentito ai loro rating di restare sopra al livello nazionale». Trento e Bolzano mantengono infatti un rating Aaa, mentre la regione Lombardia gode di un Aa1. La scarsa crescita, i conti pubblici pericolanti, Standard&Poor’s che ha tagliato da stabile a negativo l’outlook sul nostro debito, hanno convinto anche Moody’s a mettere le mani avanti. L’Europa ci guarda dunque, pronta a lasciare la nostra zattera ai marosi. Certo, Bisignani potrebbe tentare una telefonata a Bruxelles. Ma il rischio è che forse, troverebbe occupato.
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