mercoledì 10 novembre 2010

Larlun, il piacere di riaccogliere il mondo da capo al confine tra Nietzsche e Lao Tzu

Walter Benjamin sognava di scrivere un libro che avesse vita propria, senza che in esso vi fosse contenuta una sola riga che non fosse già stata scritta da qualcun altro. E sette decenni dopo, l’affascinante impresa vagheggiata dal filosofo di Charlottenburg, è stata realizzata con Larlun (La Lepre, 86 pagg. 12 euro) da Marco Barbiani. Fianco a fianco, giustapposti con mirabile arguzia e salda prospettiva, Dostoevskij e Lao-Tzu, Eraclito e Krishnamurti, Heisenberg e Suzuki, Nietzsche e Nagarjuna intessono sotto la regia dell’autore un prezioso universo dottrinale capace di convogliare in un unico testo, istanze distanti e apparentemente inconciliabili come quelle maturate in seno alla millenaria cultura orientale e alla scuola filosofica d’Occidente. Fuori dagli schematismi, tra le gabbie concettuali in cui il pensiero viene di consueto incarcerato, c’è un dettato limpido capace di sgravare il dotto europeo dal peso increscioso di uno sguardo appesantito, ormai incapace di vedere davvero oltre i filtri del categorico. Ormai ipovedenti, si prospettano per gli occhi dei lettori nuove diottrie capaci di correggere la lente: il valore del silenzio, dell'attesa, il bisogno di distogliere lo sguardo per poter vedere, l’apertura di credito a nuove concezioni di se stessi e al modo di mettersi a fuoco nel panorama del mondo. Non inganni la brevità di Larlun, né si ceda alla lusinga di leggerlo semplicemente. Perché tutte le volte che l’ingombro dell’ego e la violenza metodologica ci costringeranno a forzare il lucchetto della realtà pur di piegarla a una logica irragionevole, le voci di Larlun ci saranno di sollievo. E passo dopo passo, distogliendoci da noi stessi,  ci restituiranno per qualche tempo la verginale emozione di potere accogliere il mondo da capo.

Nessun commento:

Posta un commento