mercoledì 17 novembre 2010

Donne d'Italia, le nuove desaparecide della Penisola

«I vecchi non vendono, non piacciono, non hanno appeal: su quotidiani e telegiornali appaiono soltanto quando sono vittime di una truffa o di un colpo di calore. O quando, se donne, osano innamorarsi di un uomo più giovane. Se concepiscono dopo i sessant’anni, sono la vergogna del loro sesso. Dura, comunque, poco: una copertina, un articolo nelle pagine interne la settimana successiva, un trafiletto, e tutto è dimenticato». Già a partire dall’introduzione, Loredana Lipperini chiarisce quali sensazioni sobbollono nel suo Non è un paese per vecchie (Feltrinelli, 206 pagg. 15 euro). Ideale sequel di Ancora dalla parte delle bambine, il saggio della poliedrica giornalista prende le mosse dalle discriminazioni di genere illustrate con perizia lungo un tragitto rosa, che dall’infanzia alla senescenza, resta accidentato e irto di negligenze. Complice l’avanzata età anagrafica, e la diffusa sensazione di irrilevanza sociale attribuita a una donna in età avanzata e non più avvenente, la lady italiana tratteggiata dalla Lipperini è una creatura da tenere accuratamente alla larga da riviste patinate e lustrini da cabaret televisivo. Gli esempi sono numerosi e irritanti: dalle politiche economiche, che hanno partorito per le anziane abbandonate a se stesse una micragnosa social-card, alle comparsate nei salotti televisivi in cui le donne di una certa età possono apparire solo a patto di soddisfare i gusti di chi le vuole scorbutiche, ridicole o dementi. L’autrice mette le dita in una piaga profonda, e poco rappresentata. Un esercito di donne, sopra i sessanta anni, ridotte nella società contemporanea a rango di nuove e inquietanti desaparecide.
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