martedì 30 novembre 2010

Addio a Leslie Nielsen, l'attore più pazzo del mondo

Una bizza dell’anagrafe l’aveva assegnato alla sala parto di un ospedale di Regina, in Canada. Ma lui che sapeva bene di quali stramberie siano zeppe le vite inventate del cinema, ti avrebbe detto compunto: «Sono metà olandese e metà irlandese. Mio padre era gallese». Da cultore della slapstick commedy, avrebbe sceneggiato un epilogo diverso, Leslie Nielsen. Magari morsicato da un lappone col dente avvelenato. E invece se n’è andato ieri, senza frizzi nè lazzi, all’età di 84 anni. Viveva in Florida da qualche tempo, lo strampalato detective Frank Drebin. Ma le sue pallottole migliori, le gag demenziali e le battute grottesche, i nonsense e gli istrionismi da marionetta, erano spuntate da un pezzo. Non se ne crucciava granché, mister Nielsen. «Desidero continuare a lavorare quanto basta per essere invitato ai tornei di golf», ripeteva agli insolenti mestatori che ne sollecitavano la rentrée. Aveva conservato lo snobistico candore dell’outsider. Nielsen voleva solo godersi il suo tramonto con tutta la paciosa compostezza di un golfista agli ultimi colpi. Dopo più di cento film e 1500 apparizioni televisive, Leslie viaggiava abbondantemente sotto il par. E dell’ansia di mettere la palla in buca, si era liberato da un pezzo. Quando trascorri l’infanzia al Circolo Polare Artico, Hollywood deve sembrarti un fantasioso pianeta alieno. Ed è pura stravaganza, pensare che arruolarsi in Aeronautica, ti ci possa catapultare a velocità supersonica. Il folle viaggio cominciò per diletto, in una stazione radio di Calgary. Il giovane Nielsen ci lavorava come ingegnere, ma anche come disc jockey e annunciatore. È un mondo che lo affascina, lo spettacolo, e lui si mette di buzzo buono. Studia recitazione alla Lorne Greene’s Academy of Radio Arts di Toronto, alla Neighborhood Playhouse di New York City, prende lezioni da Sanford Meisner, impara a ballare con Martha Graham e infine gli si spalancano le porte dell’Actor’s Studio. Sono gli anni 50, l’età dell’oro della televisione, ma lui non era che un re Mida minore: «Guadagnavamo solo 75 o al massimo 100 dollari a programma», ricordava. Poi gli studios, con la Paramount Pictures che lo mette sotto contratto per Curtiz ne Il re vagabondo. È sempre lì lì per decollare, la carriera di Nielsen, che però non va oltre la fama di buon caratterista. I 60 e i 70 li trascorre alla mercè del piccolo schermo. Leslie rimbalza da Wagon Train a The Fugitive, da Kojak a The Protectors. Ma è sulla pista bislacca degli anni 80, che avviene il decollo. Leslie sale a bordo de
L’aereo più pazzo del mondo nei panni del dottor Rumack, la carriera piega dal dramma alla comica, e la fusoliera non si stacca più dall’obiettivo della risata. Crassa come quella della trilogia della Pallottola spuntata, tre episodi dal 1988 al 1994, lugubre e irriverente come in Riposseduta, di facile presa come nei protopanettoni Spqr e Caro Babbo Natale. E ancora, non priva di riverberi cinefili, come quella che riecheggia in Dracula morto e contento a metà degli anni 90. Qualunque sia la rotta intrapresa, dall’action movie alla spy story, Nielsen si svela un impietoso sabotatore del cinema di genere. Il trito armamentario dei generi hollywoodiani, si rivolta tra le sue mani in caricatura buffonesca. Frasi e ingranaggi farseschi messi a punto dall’attore si infiltrano nella macchina perfetta dell’industria filmica, svelandocene gli aspetti più clowneschi e viscerali. Citazionista, parassitario, plautino, boccaccesco. Del cinema disimpegnato di cui è stato protagonista, la cifra l’ha data lui stesso con rude efficacia. Era come «un nano in bilico sull’orlo di un orinale», Leslie Nielsen, e si è fatto beffe di Hollywood. Nessuna perla di saggezza, da parte sua, né slavate ramanzine sui segreti del grande cinema. A chi gli chiedeva lumi sulla vita, Nielsen avrebbe forse risposto che valgono le stesse regole del golf: «È un gioco che si può insegnare, ma non si può imparare». Faceva il pagliaccio per mestiere, Nielsen, ma di fronte a certe frasi d’occasione che nobilitano chiunque a patto che sia morto, rifuggiva come un ladro gli acerrimi poliziotti della retorica. Proprio serio, Leslie il comico. Si era ritirato dal «club dell’imbecille» con qualche anno d’anticipo. (f.l.d)

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