venerdì 8 ottobre 2010

Tra la via Emilia e il folk ci sono settant'anni di Francesco Guccini. Omaggio a un maestro antisociale

Cresciuto tra i saggi ignoranti di montagna, che sapevano Dante a memoria e improvvisavano di poesia, non poteva che odiare la vita moderna fatta a scandali e cambiali. Eppure tra l’Emilia e il folk, c’è la sua vita messa in musica e parole, che raccontano l’Italia insieme alla sua storia. Lui è Francesco Guccini,  chierico vagante e Don Chisciotte antisociale, cantautore che ha immesso nei suoi testi la stessa forza della dinamite. E seppure gli eroi son tutti giovani e belli, il modenese burbero ha compiuto settant’anni. Per Francesco l’occasione di fare il punto su una vita controcorrente, che l’autore ripercorre in Storia Di Altre Storie, florilegio impossibile che raccoglie i passi scelti in un doppio cd. Ti sembra di vederlo quel piccolo baccelliere avvolto in quattro stracci di grazia e di tormento: sigaretta e penna nella mano destra, fiero del suo sognare, a scrivere la canzone per un’amica o un’amante indegna d’amore. Ti pare di immaginarlo sulla Stradale 17 o a sorseggiare birra in un Autogrill. Orgoglioso del suo incespicare, Guccini ha attraversato le angosce della società  contemporanea,  di cui è stato a lungo presago. Ha stigmatizzato il divismo televisivo e certi carnevali televisivi prim’ancora che inghiottisero  l’Italia e le coscienze, Francesco. Che pure, nella sdegnosa solitudine, si è sempre concepito giullare da niente. Saggio perché sa di non sapere niente, l’emiliano è stato a torto definito un elitario nutrito di saccenza. Ma solo chi non ne conosce le liriche, racconti verseggiati strappati dalla strada e fatti eterni, può sentirsi a suo agio nell’equivoco. Perché quel misantropo barbuto, non ha fatto altro che cantare versi su una chitarra folk  sgangherata. Ha fatto questo per cinquant’anni di fila, concependo la composizione come un intervallo rubato alle stanze quotidiane di ogni giorno. Le chiacchiere nei bar, le osterie di fuori porta, i treni da cui scendere o fuggire. È stato un lungo corpo a corpo, quello di Francesco. Ora euforico, spesso malinconico, talvolta drammatico. A differenza di noi tutti, non si è imposto di amare nulla e nessuno a meno che non ne sentisse davvero il bisogno. Lontano dalle convenzioni, dai patti sociali, dalle promozioni furbe del mercato discografico, oggi Francesco può guardare il mondo negli occhi e sentire di non avergli mentito neppure per un secondo. Da artista vero, non ci ha nascosto nulla. E non ha mai taciuto di fronte a niente. È questa la forza di Guccini, una libertà enorme fino all’autodistruzione che però l’ha affrancato persino da se stesso. A lui, meraviglioso nichilista in solitaria, il nostro  grazie per essere esistito in questi primi splendenti settant’anni. 

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