giovedì 14 ottobre 2010

Santoro sospeso: ora che è arrivata la pipì fuori dal vaso, Masi può raccoglierla nel bicchiere

Roma. Dieci giorni di sospensione e di mancata retribuzione a partire da lunedì 18 ottobre. Differita, agognata, estorta dal Cavaliere a suon di minacce e insulti rivolti ai suoi stallieri piazzati all’Authority e alla Rai, la fatwa contro Michele Santoro è infine arrivata. Ieri mattina il conduttore di Annozero è stato raggiunto da un provvedimento disciplinare dell’azienda pubblica, che è la naturale prosecuzione del richiamo della direzione generale per la puntata d’apertura del programma di informazione. Santoro non sembra affatto pronto ad obbedir tacendo, facendo sapere che «reagirà con tutte le forze e in ogni sede», contro un «provvedimento di gravità inaudita, ad personam». E una certa gravità, sembra emergere anche dalle parole del presidente Rai, Paolo Garimberti, che giudica l’intervento di Masi «un provvedimento di esclusiva sua responsabilità», precisando di non condividerlo perché «manifestamente sproporzionato».

A scanso di terribili equivoci, il dg Mauro Masi precisa che il confino imposto a Santoro non è in nessun modo «riconducibile ad iniziative editoriali tendenti a limitare la libertà di espressione o il diritto di critica». Postilla alquanto singolare, se raffrontata all’opinione che l’immemore Masi aveva dell’argomento soltanto qualche mese fa, quando il premier gli intimava al telefono l’immediata chiusura di Annozero. «Dopo la D’Addario – si rammaricava il direttore generale – c’era spazio e modo per poter intervenire mille volte, non lo abbiamo fatto, non è stato fatto, e ci troviamo adesso questa roba qui». E aggiungeva speranzoso: «L’unica cosa che può servire veramente é che se lui (Santoro, ndr) fa la pipì fuori dal vaso stasera...». Da allora, Masi aveva pazientemente atteso sulla sponda del fiume, il sospirato tracimo. Finchè l’illecita minzione non si è addensata nel celebre bicchiere libato dal conduttore a metafora della libera informazione nel corso della prima puntata della stagione. Lo stesso che Santoro aveva rivolto, accompagnato da un “vaffan”, a Mauro Masi. Il direttore generale Rai contesta al conduttore violazioni come «l’uso del mezzo televisivo a fini personali», e reputa il monologo «un attacco diretto e gratuitamente offensivo al dg per una circolare a garanzia dell’equilibrio all’interno dei programmi di approfondimento informativo, che è stata approvata dal Cda». Masi sottolinea però che non c’è «nessuna censura» e e che «non esistono dipendenti più uguali degli altri o zone franche (tipo la biblioteca di Minzolini) all’interno delle quali sia possibile garantirsi il diritto all’impunità, tanto più quando si arriva a insultare il capoazienda in diretta televisiva con una modalità di contenuti ed espressioni che crea un caso che non ha precedenti al mondo». Un po’ come il fatto che la Rai sia l’unico servizio pubblico al mondo, in cui un conduttore riesca ad andare in onda soltanto grazie a una decisione del Tribunale. Ma la replica di Santoro non si fa attendere: «Una punizione nei miei confronti si trasforma così in una punizione per il pubblico, per la redazione, per gli inserzionisti, per la Rai. E spezza le gambe ad un programma di grandissimo successo – aggiunge – già sottoposto ad una partenza ad ostacoli».

Per tentare di rimuoverne qualcuno, del genere di quelli emersi alla procura di Trani, ieri i futuristi Italo Bocchino e Benedetto Della Vedova hanno presentato una proposta di legge sulla privatizzazione della Rai che prevede la vendita dell’intero capitale statale entro il giugno 2011 e una tassa sugli spot per finanziare il servizio pubblico, svolto dalle emittenti private con concessione e con affidamento per gara. Un provvedimento che affianca la mozione sul pluralismo nella Rai, che sarà discussa a metà novembre su impulso di Fli. Il presidente del Consiglio, intercettato, aveva avvisato i suoi scherani: «Mi raccomando perché adesso entriamo in una zona di guerra, veramente brutta». Ma ora che l’obice ha finalmente centrato Michele Santoro, nessuno potrà più negare che quella di Berlusconi sia stata una tempesta scatenata in un bicchiere.

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