martedì 5 ottobre 2010

«Nobel a Edwards meritato, ma sulla fecondazione in vitro vi hanno nascosto troppe cose per fare business. Ecco la verità»

Roma. Oltre 4 milioni di bambini in ogni parte del globo, nati grazie alla tecnica Fivet da lui messa a punto nel 1968 insieme a Steptoe, e sperimentata per la prima volta dieci anni dopo. Sono questi i numeri che sono valsi al britannico Robert Edwards il premio Nobel per la medicina. Un riconoscimento importante, quello assegnato al padre della fecondazione in vitro, che la stampa ha salutato con grande entusiasmo «in un clima che rischia di soffocare la corretta informazione», avverte Bruno Dallapiccola. Genetista di fama internazionale, e Direttore scientifico dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, Dallapiccola spiega che «le ricerche di Edwards erano nate con finalità diverse da quelle con cui erano state concepite trent’anni prima». Un discrimine che ha dei connotati precisi: «il marketing della provetta».
Professore grazie a Edwards sono nati 4 milioni di bambini. Un Nobel meritato, sembra.
Non c’è dubbio. Le ricerche di Edwards, possiedono caratura e caratteristiche proprie di un Nobel per la medicina. La Fivet ha tracciato un nuovo solco d’indagine nella scienza moderna. Il problema è che lo spirito di quel lavoro è stato tradito.
Tradito? Ci spieghi.
Trent’anni fa, il lavoro di Edwards sorgeva in uno scenario socio-culturale completamente differente. Le tecniche di fecondazione da lui messe a punto si limitivano a particolari problemi riproduttivi che afferivano a una platea di donne assai limitata. Man mano però esse sono state utilizzate in maniera sempre più indiscriminata in ragione del business. Con il risultato che troppo spesso si tacciono per interesse i rischi legati a queste tecniche, applicate con troppa faciloneria anche in casi in cui potrebbero essere superflue. Se non dannose.
A riguardo della tecnica in vitro, si dice che aumenti i rischi di malformazione. Allude a questo?
Partiamo da una considerazione. La Pgd, ossia la diagnosi preimpianto, è spesso complementare alla fecondazione in provetta, ed è espressamente rivolta a coppie ad elevato rischio riproduttivo, e cioè qualora in famiglia vi siano casi di malattie genetiche e cromosomiche trasmissibili.Ma questo tipo di diagnosi non può essere invece la prima scelta di una coppia fertile. Bisogna sapere infatti che la Pgd, abbassa di molto la possibilità di portare a termine una gravidanza e che non fornisce diagnosi esatte al millesimo. C’è infatti un trenta per cento di errore possibile.
Tra le righe, mi pare di capire che si è diffusa un’eccessiva impazienza. Genitori subito, e a tutti i costi?
Proprio così. Sono passate sotto i miei occhi molte giovani coppie allarmate da pochi mesisenza fertilità. È spesso accaduto che neppure avevano iniziato l’iter della fecondazione artificiale, che poi la donna è rimasta incinta in tutta spontaneità e senza correre inutili rischi.
Immagino che altri, li abbiano invece affrontati.
È il clima socio-culturale di cui dicevo. Si sponsorizza la fecondazione in vitro perché è assai remunerativa: gioca con le intime debolezze dell’uomo e della donna che non riescono ad avere un bambino in tempi stretti. E che l’impazienza rende vulnerabili, nonostante siano perfettamente sani. Ormai è maturata una pressione tale, che è stata smarrita una nozione elementare confermata dalla medicina: la natura ha i propri tempi.
Che rischi corrono le coppie che preferiscono bruciarli?
A proposito del vitro, abbiamo registrato un maggiore rischio di malformazioni legato ai geni di origine materna e paterna. A causa di una superovulazione dovuta agli ormoni e all’innaturale numero di ore necessario per il concepimento, si dà vita a una specie di accanimento riproduttivo, spesso controproducente. Come nel caso di un uomo che naturalmente produce pochi spermatozoi: spesso sono di bassa qualità, e la gravidanza diventa ancora più irta di insidie.
Che cosa direbbe a una giovane coppia impaziente, se venisse a trovarla in studio?
Che spesso al reparto maternità del mondo, si vendono illusioni un tanto al chilo. E che in assenza di onestà intellettuale, e corretta informazione, spesso si possono pagare a caro prezzo. (f.l.d)

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