mercoledì 6 ottobre 2010

Nobel per la Fisica: ecco che cos'è il grafene e a che cosa serve la plastica del nostro futuro

Diceva il Gran Baffuto che non si può fare una rivoluzione portando i guanti di seta. Ma a leggere le motivazioni che assegnano il Nobel per la Fisica ai russissimi Geim e Novoselov se ne deduce un’importante lezione: al tempo di Soso non c’erano ancora quelli di lattice. Contemporanei, flessibili, aderenti come una seconda pelle, quelli dei due scienziati hanno maneggiato il materiale più piccolo del mondo. Lo hanno inventato loro, i due scienziati di stanza a Manchester che l’Accademia svedese ha insignito per le loro «ricerche rivoluzionarie». Geim e Novolesov lo hanno chiamato grafene, è semisconosciuto e fa pensare a un sofisticato sinonimo del temperamatite. Non sono in molti, ad avere capito bene a che cosa serve. Nè i loro padrini, aiutano granché. Anche perché ieri è andata in scena una specie di gag che manco Ionesco. Il comitato di Stoccolma contatta Geim, gli fa i complimenti di rito dopo avergli assegnato il premio con tanto di solenne motivazione, e poi lgi domanda a bruciapelo: «Bravissimo. Ma a cosa serve la vostra invenzione?». E Geim candido: «Non lo so. È come presentare un pezzo di plastica a un uomo di un secolo fa e chiedergli cosa ci si può fare. Un po’ di tutto, penso».

Ma fattasi la domanda, e datasi la marzulliana risposta, il grande busillis resta: «Si, ma a che cosa serve?». Escluso che si tratti di qualche speciale unguento per curare le follicoliti, il grafene può essere visto così: una materiale talmente minuscolo che ha due sole dimensioni. E se anche minuscolo dice poco, proviamoci così: per arrivare a un’altezza di un millimetro servono qualcosa come tre milioni di fogli di grafene affastellati uno sull’altro. Chi lo ha visto – al microscopio supponiamo – lo descrive come un enorme lenzuolo disegnato a celle di alveare. È formato da un elemento molto comune, il carbonio, ed è un buon conduttore di elettricità. Il comitato di Stoccolma, che pure arranca nell’individuarne gli utilizzatori finali, lo descrive come un materiale «sottile, resistente, leggero eppure densissimo, praticamente trasparente e flessibile». Quando fu ideato correva il 2004, e Science scrisse che l’unico limite di questa invenzione era la fantasia. Non ne hanno lesinato nemmeno loro, Andre Geim e Konstantin Novoselov, che hanno creato il grafene a partire da una punta di matita e del nastro adesivo. Non proprio un lavoretto da terza elementare, perché la quasi invisibilità del grafene ha come tutti i materiali ultrasottili, la simpatica abitudine a disobbedire a tutte le leggi della fisica tradizionale. Dicevamo di una comune matita, ma non si trattava di un tipico aneddoto per stemperare il tedio del cerimoniale. Il grafene è infatti il figlio più piccolo della grafite, quel materiale scaglioso che tanto ci ha fatto penare nelle ore di Educazione tecnica. Come la punta della matita, il grafene è composto di sottilissimi strati. Che in linea teorica, sarebbero dovuti andare in mille pezzi perché privi di terza dimensione. E che invece, grazie a un insospettato moto ondulatorio, si tengono insieme a dispetto di tutti i calcoli. Grazie al grafene, se ne potranno presto fare di grossi, e in tempi incredibili. Innanzitutto perché la creazione di Geim e Novoselov è destinata a diventare la materia prima ufficiale dei transistor elettronici. Sarù dunque usata per schermi ultrasottili, computer pocket che più pocket non si può, pannelli solari, ma anche strumenti in grado di ravanare nel nostro dna, sensori in grado di captare anche singole molecole di gas velenosi e apparecchi elettronici indossabili come magliette. Il gruppo di ricerca del duo russo, prevede però che le prime applicazioni commerciali del grafene arriveranno soltanto nel 2025.
Un’invenzione ancora giovane, dunque, che contrariamente ai protocolli svedesi, assegna il premio a un’invenzione dal grande futuro, piuttosto che a una dal grande avvenire dietro le spalle. Non l’unica peculiarità dell’edizione di quest’anno, perché con i suoi trentasei anni Novoselov è uno dei più precoci premi Nobel della storia. «Il futuro è nella plastica», esclamava Dustin Hoffman nel Laureato. Era il 1967. E il celebre motto lanciato dall'ingenuo studente, da oggi mostra qualche ruga.

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