giovedì 21 ottobre 2010

Lodo Alfano: come salvarne uno per non ammazzarne migliaia. L'opinione del costituzionalista Michele Ainis

Roma. «Il lodo Alfano è preferibile al processo breve perché esprime in maniera molto più sincera le reali esigenze della maggioranza in merito alla questione giustizia. Ma visto che l’obiettivo è garantire al premier uno scudo protettivo contro i suoi processi, non si capisce bene allora perché il provvedimento debba essere esteso anche al presidente della Repubblica. È abbastanza impietoso, rispetto alla situazione attuale, il fatto che la Costituzione non previde nessuna tutela per il capo dello Stato. I padri costituenti confidarono che se l’inquilino del Quirinale avesse commesso reati comuni come un furto o un assassinio, questi si sarebbe dimesso senza cercare alcun appiglio che non fosse la sua dignità personale». Costituzionalista di vaglia ed editorialista del Sole24Ore, Michele Ainis ha di recente indicato nel lodo Alfano il male minore. Un male minore che, spinozianamente inteso, in quest’Italia dove l’illegalità viene tramutata passo dopo passo in legittimità, serve a scongiurarne uno maggiore: la fine della giustizia per migliaia di comuni cittadini.
Professore, perché il lodo Alfano è preferibile al processo breve?
Per affrontare l’anomalia in cui si dibatte l’Italia da anni, occorre essere pragmatici. Il lodo Alfano ha dalla sua il fatto di essere esplicito. Vuole garantire l’impunità al presidente del Consiglio senza nascondersi dietro mirabolanti pretese di assicurare maggiore giustizia a tutti i cittadini. Anche se si tratta di una misura ripugnante, lo scudo rappresenta il male minore perché è meno aberrante del processo breve: meglio salvarne soltanto uno, il solito, che ammazzarne cento con il processo breve.
Dove “cento” sta per numero puramente metaforico, immagino.
Allo stato attuale vanno in fumo 170mila processi l’anno grazie alla prescrizione. Il processo breve raddoppierebbe la cifra, e provocherebbe inoltre un altro grattacapo che rende una volta di più preferibile lo scudo.
I milioni di euro che lo Stato dovrebbe versare per risarcire gli imputati?
Non solo questo. Il lodo Alfano per via costituzionale porterebbe a un referendum senza quorum, e a quel punto finalmente tutti noi avremmo voce in capitolo su una questione che personalmente ritengo insopportabile. Semmai la legge sul processo breve fosse sottoposta a referendum abrogativo, invece, sarebbe necessario un numero minimo di firme. E tutti sappiamo com’è andata, dal 1997 in poi.
Ma non c’è un male minore, minore di questo scudo retroattivo?
Sarebbe possibile una terza via, in effetti. Potrebbe essere estesa a più di 18 mesi la durata del legittimo impedimento.
Un suggerimento a Ghedini?
Duole moltissimo vedersi costretti a scegliere tra opzioni che offendono l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e l’orizzonte di senso entro cui si muove la giustizia. Ma questo è uno degli effetti perversi del berlusconismo. Bisogna rinunciare a condannare il colpevole per salvare le vittime. Garantire l’impunità a Erode, per evitare la strage degli innocenti.
Come valuterebbe il ricorso a questa terza via?
Il vecchio articolo 68 prevedeva l’autorizzazione a procedere a garanzia di tutti i parlamentari. Una previsione che aveva ragioni di rango costituzionale, c’è da supporre: l’avevano prevista i padri della carta. Ragioni di equilibrio, innanzitutto. Da un lato l’indipendenza della magistratura, dall’altro l’impedimento volto a garantire il sereno svolgimento delle funzioni politiche.
Viceversa, il lodo Alfano impedisce il sereno svolgimento dei processi in cui il premier è imputato. Per reati commessi per giunta da libero imprenditore. Non è troppo incostituzionale, come male minore?
È moralmente opinabile, ma ci sono i margini perché la via costituzionale possa accogliere le istanze formali dello scudo, anche nella sua versione retroattiva.
C’è qualcos’altro di moralmente opinabile. Visto che Giorgio Napolitano non risulta imputato per la corruzione di un testimone, frode fiscale e appropriazione indebita, che ragione c’è di associarlo alle urgenze giuridiche del Cavaliere?
Il lodo Alfano è il più onesto degli stratagemmi messi in campo dalla maggioranza per fornire un salvacondotto al premier. E in ragione di questa stessa franchezza, abbinare lo scudo al presidente della Repubblica può essere in effetti inopportuno, oltreché superfluo.
Non c’è il rischio di alloggiare il virus berlusconiano nell’alveo della Costituzione stessa? Potrebbe accadere ad esempio che un mafioso non ancora conclamato, potrebbe diventare presidente del Consiglio e godere dell’impunità una volta scoperta la sua attività criminale precedente.
È un caso di scuola, ma credo che non si arriverebbe a una simila iattura.
Hannah Arendt diceva che “chi sceglie il male minore dimentica rapidamente di aver scelto a favore di un male”. Non c’è il rischio di inoculare il virus berlusconiano nella nostra Carta?
Mi rendo conto che l’argomento del “male minore” è scivoloso, e che lo scudo è detestabile senza dubbio. Ma il desiderio di punire il colpevole, deve piegarsi di fronte a migliaia di cittadini. Sono loro che pagherebbero i conti in sospeso del Cavaliere. (f.l.d)

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