mercoledì 20 ottobre 2010

Caso Saviano, ora Masi ha toccato il fondo del bicchiere


Roma. Prima la denuncia, poi la smentita, infine il via libera. Ancora una volta, dopo Parla con me, Report e Annozero in Rai è andata in onda quella farsa in tre atti che sembra diventato il format di maggiore successo di viale Mazzini.
Per Mauro Masi, si è trattatto stavolta di chiarire sulla difficoltosa situazione di Vieni via con me, programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano dedicato a pruriginosi aspetti della realtà italiana come la mafia, la camorra, e il terremoto in Abruzzo. Per il direttore generale del servizio pubblico, soltanto un problema di budget: «Non c’è alcuno stop ma soltanto un doveroso approfondimento portato avanti dagli uffici competenti, come giusto che sia, in merito a richieste economiche per Rai molto significative». Nel mirino del dg c’era in particolare l’ospitata di Roberto Benigni, e un cachet di 250mila euro. Ma più tardi, il manager del comico toscano, Lucio Presta aveva smentito difficoltà di natura finanziaria: «I soldi non c’entrano, Roberto andrebbe anche gratis, è una scusa per mettere i bastoni fra le ruote al programma». Il manager ha infatti spiegato alla stampa: «Quando sono andato in Rai per aprire la trattativa sulla partecipazione di Benigni a Vieni via con me per la prima volta nella mia vita non ho chiesto una cifra ma mi sono limitato a chiedere quale fosse l’offerta dell’azienda. Mi è stata fatta un’offerta di 250mila euro e io l’ho accettata subito, senza discutere. Poi ho chiesto se potevano essere conservate le clausole, diritti compresi, che abitualmente vengono inserite nei contratti per Benigni. Mi è stato risposto: ti faremo sapere. Poi mi hanno dato il via libera, fatta eccezione per i diritti su quel passaggio tv che sarebbero rimasti alla Rai. Ho accettato ancora una volta, dando l’ok alla stipula del contratto. Nel pomeriggio mi ha chiamato un importante responsabile dell’ufficio scritture per comunicarmi un’offerta pari a un decimo di quella pattuita, prendere o lasciare: una decurtazione, mi è stato spiegato, chiesta dalla direzione generale. E naturalmente ho lasciato. È chiaro però che i problemi di natura economica mi sono sembrati una scusa». Un racconto assai circostanziato, che ha indotto i vertici Rai a dare vita al terzo atto del format: se Benigni viene gratis non c’è nessun problema. Ma se anche stavolta arriva il semaforo verde, resta la sensazione di un via libera che ancora una volta supera in goffaggine il comune senso del pudore contro cui solitamente si scagliava la censura nostrana. «Stanno venendo al pettine tutti i nodi di una gestione ambigua del servizio pubblico», dice a liberal il deputato Roberto Rao, capogruppo Udc in commissione di Vigilanza Rai. «Masi è stretto nella tenaglia del premier che vuole un’informazione omologata e non dissenziente – prosegue Rao – nonostante che le recenti scelte di La7 e i programmi di approfondimento politico dimostrino una grande sete di punti di vista diversificati e non in linea con i desiderata propagandistici del Cavaliere». Il caso di giornata, quello che coinvolge la censura ex ante di Roberto Saviano che parla di camorra, rifiuti e macchina del fango in prima serata, è particolarmente rilevante. Perché raccontare la malavita organizzata in prima serata dovrebbe irritare la maggioranza e mettere in moto la maldestra macchina della censura? «Non c’è ancora censura, ma di certo c’è la spinta costante verso l’omologazione», obietta Rao, «il vero problema è che gli interessi del premier e quelli dell’azienda pubblica entrano in cortocircuito, e Masi cerca piuttosto che il pugno di ferro, la morbidezza dell’ostacolo burocratico presentato sotto forma di impedimento e cavillo». Ma nella partita di viale Mazzini, c’è anche una rilevante questione economica. Che nel caso di Annozero, ad esempio, sacrifica in nome della politica del Sovrano ingenti introiti pubblicitari.

«La strategia di Masi si è finora rivelata perdente – chiosa il deputato centrista – perché i provvedimenti ex ante non hanno fatto altro che incuriosire il pubblico televisivo, coinvolgendo anche settori di audience solitamente disinteressate a programmi di approfondimento come Report. E c’è poi il caso Annozero, che per Rao «finisce con l’esaltare la vocazione al martirio di Michele Santoro». Ma la contraerea Rai, è tutto tranne che sprovveduta, viene da osservare. Ne sia riprova il salottino televisivo di Bruno Vespa, naturale prosecuzione di quello casalingo e assai ben frequentato, andato in onda l’altra sera a Porta a porta. «La televisione che sparla di se stessa – osserva Rao – è di per sé sintomo di una grave decadenza del servizio pubblico. Ma la stessa Rai che mette alla gogna i propri programmi è davvero il fondo del barile». «È incredibile – prosegue il centristra – che il direttore generale della Rai parlasse nello studio di Porta a porta di un’altra trasmissione Rai come Annozero e contro Michele Santoro. Quello che è successo l’altro giorno da Vespa mi pare il simbolo più icastico di quale stato di anomalia domini a viale Mazzini». E molto critica, sul caso Benigni-Saviano, è stata ieri anche l’opposizione. «Masi stavolta si è superato e ha messo in atto una censura da Oscar - dice il portavoce Idv, Leoluca Orlando «Chi ha paura di un simbolo della lotta a tutte le mafie come Roberto Saviano? Anche un premio Oscar come Benigni non ha diritto di essere ospitato in Rai e lo si lascia senza contratto. Garimberti e Zavoli intervengano, con Masi l’azienda ha letteralmente toccato il fondo». «Ogni giorno in Rai c’è un caso – rincara il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani – evidentemente c’è un caso Rai, un’azienda che non riesce a essere un’azienda, a mettere in valore le sue enormi possibilità». «Un’azienda che mette sullo schermo Benigni dovrebbe fare i salti di gioia – continua il segretario – e risolvere eventuali problemi senza ogni volta aprire casi perché nel Paese ci sono tante altre questioni più importanti».
E anche Farefuturo, fondazione vicina a Gianfranco Fini che ben conosce il prezzo del dissenso, ha parlato di «Potere chiuso in un bunker». «A guardare in faccia gli scherani di Berlusconi li vedi terrorizzati da qualsiasi voce alternativa. E allora hanno attaccato qualsiasi nemico potesse dar fastidio al manovratore», scrive il direttore di Ffwebmagazine, Filippo Rossi. «Non sopportano chi spariglia le carte – attacca Rossi – chi vuole ragionare senza obbedire, chi vuole raccontare il Paese che è, e non per quello che vorrebbero loro. Non sopportano la complessità». Abituati alle brochure autocelebrative, e agli haiku di Sandro Bondi, c'è da capirli.

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