venerdì 29 ottobre 2010

Debiti, nomine ad personam, sindacati in rivolta e censura: il bunga bunga di Mauro Masi sulle rovine della Rai

Roma. La diagnosi che fotografa meglio lo stato allucinogeno in cui è sprofondata la Rai berlusconica, l’ha azzeccata Carlo Verna. «La gestione Masi è un incubo nell’incubo», ha chiosato il segretario dell’Usigrai. Piano industriale approvato in maggio ma rinviato alle calende greche, 650 milioni di debiti, passivo annuale che supera di venti milioni il deficit preventivato, pluralismo azzoppato, editti bulgari seriali, dilettantismo allo stato brado, nomine inconsulte. Il folle precipizio in cui la Rai è stata telecomandata da sua Emittenza, è una spietata mise en abyme della Penisola abbandonata a se stessa. La Rai è vicina al collasso, spiegano i tre consiglieri del cda Rai Nino Rizzo Nervo, Giorgio Van Straten e Rodolfo De Laurentiis (Udc). Tutto nero su bianco nella lettera che ieri hanno recapitato all’indirizzo del presidente della Commissione di Vigilanza, Sergio Zavoli. «Siamo molto preoccupati per lo stato di salute della Rai – scrivono i consiglieri – e la situazione è arrivata a un punto tale che non possiamo limitare solo alla nostra attività in consiglio di amministrazione l’azione di controllo, vigilanza e di denuncia. Il servizio pubblico è un patrimonio dell’intero paese e per difenderlo è venuto il tempo di rendere tutti consapevoli che rischia una crisi irreversibile». Insieme a Van Straten e Rizzo Nervo, Rodolfo De Laurentis denuncia «un’invadenza impropria» (graziosa litote) per condizionare AnnoZero, Report, Vieni via con me, e gli indicatori economici che mettono a rischio la continuità aziendale», che tradotto significa perdite per oltre 650milioni di euro, e «un passivo in crescita di 116 milioni, quest’anno sottostimato per almeno venti milioni», spiega a liberal il consigliere Rai in quota Udc. Cifre che danno il capogiro, non c’è dubbio. E che fiondano in un’imperscrutabile logica lynchiana, la tentata sospensione di Santoro (24 per cento di share, sei milioni di spettatori, pingue raccolta pubblicitaria) per due settimane. A conti fatti una bel po’ di spiccioli in più nel dissestato forziere dell’azienda pubblica. Proprio come Vieni via con me, che invece rischiava, come abbiamo appreso dai testimoni della vicenda, di non partire affatto. «Viviamo in democrazia – osserva De Laurentis – e che piaccia o no Santoro ha i numeri dalla sua parte ed è una risorsa dell’azienda. La sanzione richiesta per il conduttore di AnnoZero rientra nelle prerogative di Masi, ma penalizzare la Rai e i sei milioni di spettatori che seguono il programma è del tutto inopportuno. Si possono condividere oppure no, le posizioni assunte dal programma, ma chi non gradisce ha a disposizione un unico ed efficace strumento tipico delle democrazie: il telecomando». Contenuti e costi, nella Rai della gestione Masi, sembrano intrecciati in un abbraccio reciproco e mortale, dunque, ma ciò che denunciano con grande vigore i consiglieri Rai è la mancata attuazione del Piano Industriale. «Masi l’ha presentato in maggio – spiega Rodolfo De Laurentis – noi l’abbiamo approvato, ma ad oggi è rimasto lettera morta. Un ritardo che ha prodotto  effetti negativi su un bilancio che avrebbe potuto essere alleggerito». Perché tanti tentennamenti? «Per molto tempo Masi non ha reso partecipe il management delle difficoltà e delle decisioni adottate per superarle. Invece di aprire subito il dialogo con i sindacati ha sottaciuto a lungo la triste realtà, minimizzandola sempre nelle rare occasioni in cui ci ha incontrato» Molto attivo sul fronte delle smentite e delle querele, non ultima quella contro il Fatto Quotidiano, colpevole di aver indicato nella sua compagna, Ingrid Muccitelli, la fresca conduttrice di un nuovo programma Rai, Masi ha invece indugiato nel dare corso al nuovo Piano Industriale. Perché? «Credo che il direttore generale abbiamo voluto rimandare gli effetti negativi di un piano rigoroso, lacrime e sangue, che provocherà grandi scontri tra le parti sociali –  commenta il consigliere di amministrazione della Rai – Ma delle due l’una: o il dg lo applica senza esitazione, oppure deve lavorare ad altre formule di concerto con i sindacati». Che in attesa delle lacrime e del sangue, non sono a corto di motivi d’indignazione. Su Masi, l’Usigrai ha indetto una sorta di referendum. Dal 9 all’11 novembre i giornalisti saranno chiamati ad esprimersi su un concetto inequivocabile: “Alla luce delle politiche aziendali fin qui perseguite, esprimi fiducia nel direttore generale, Mauro Masi?”. Ma al netto della smentita sulla conduzione del programma – che comunque è stato confermato dalla Endemol che lo produce – il nome della Muccitelli non è l’unico a destare i grattacapi del dg. Ad esempio, in tempo di crisi irreversibile, è abbastanza curioso cercare di capire l’insistenza con cui Masi sta cercando di portare Franco Ferraro, caporedattore di Skytg24 contiguo alla Lega, alla guida di RaiNews. «Una mossa fuori luogo, visto che la Rai può contare su 1700 giornalisti professionisti che potrebbero ben figurare al posto di Corradino Mineo», obietta De Laurentis. Nottole ad Atene, insomma. Come un altro berlusconiano alla guida del servizio pubblico: Susanna Petruni, che Masi vuole imporre alla guida di Rai2 al posto dell’ex An, Massimo Liofredi. Di queste nomine, si sarebbe dovuto discutere ieri. Non fosse che il cda è saltato, e che anche Paolo Garimberti ha voluto testimoniare solidarietà alle scelte di Masi con un gesto simbolico: ha minacciato le dimissioni. Il presidente della Rai, aveva accolto così la nomina di Liofredi: «Dico soltanto che erano state proposte candidature professionalmente assai più inadeguate». Anche il male minore ha confini ontologici precisi, insomma. «Ciò che serve alla Rai è una guida in grado di lavorare nell’interesse esclusivo dell’azienda e per rafforzare il suo ruolo di servizio pubblico», conclude Rodolfo De Laurentis. Ma la denuncia dei conti Rai, ripresa da Bersani, non è affatto piaciuta a Gasparri, che parla di «minacce verso il servizio pubblico che nascono dalla concezione proprietaria della Rai tipica della sinistra». Notevole, visto che la procura di Trani ha indagato la concezione liberale tipica del premier per concussione. Vuoi vedere che questa Rai che tutti vogliono libera dai partiti affonderà lo stesso?

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