lunedì 30 agosto 2010

«Basta prendere in giro gli elettori. È ora di ammazzare il Porcellum» La parola a Michele Ainis


Roma. L’insoffribile calura agostana che tanto ha angustiato il Cavaliere in questi giorni, rischia di insinuare nella bandana dello statista un altro maligno refolo di scirocco. A imperlare la chioma del premier, c’è questa volta la legge elettorale. Improvvisamente riscosso dal letargo, Bersani fa le mostre di volergli fare lo scalpo, sostenuto da una parte del Pd. Che cosa c’è di meglio che rispedire il “Porcellum” nella sua sede naturale per poi tornare al voto con le dita incrociate? Risposta scontata. Non fosse che il Pd, è ancora fermo alle domande. D’Alema vota per il sistema tedesco,  Veltroni il maggioritario a doppio turno, e Bersani una via di mezzo che riscuote le simpatie dei centristi. La lotteria del post “Porcellum” è già cominciata senza essere partita insomma, ma Michele Ainis, costituzionalista di vaglia ed editorialista delSole24 Ore sembra poco propenso alle fantasmagorie: «Meglio non illudersi troppo, nonostante il suo scmpio conclamato, è molto probabile che ci terremo stretta la legge Calderoli. Un vero unicum in Europa che però è oggetto di un tipico schema all’italiana: di giorno, nella pubblica piazza, viene deprecata. E di notte, nel privato delle segrete stanze, benedetta».
Professore, perché la Calderoli sembra la legge più amata dai segretari italiani, nonostante la turpitudine?
 Diciamo che scegliere i parlamentari uno per uno, senza neppure il fastidio di affaticare nell’impresa gli elettori, è abbastanza confortevole.
Immagino quindi che questo dibattito sul modello di voto con cui tornare alle urne sarà seppellito da un risata.
 L’intenzione di cambiare è del tutto auspicabile, ci mancherebbe. Ciò che atterrisce è però che tutte le volte si vincolano le opzioni alle convenienze del momento, in nome del puro profitto elettorale.
Ma al netto del calcolo, davvero si potrebbe fare peggio del “Porcellum”?
 Nessuna legge elettorale è per sempre, né esistono modelli sempiterni prosciolti dalle ascissi della storia. Ma è indubitabile che dal 2005 assistiamo a uno spettacolo degradante, con un superpremio che assegna a un superpartito una maggioranza assoluta in maniera del tutto illegittima. Quando la Calderoli nacque, fu concepita come un appartamento full-optional per due soli inquilini. Mentre oggi è evidente a tutti che i due condomini devono fare i conti con un terzo ospite carico di valigie e crescente credito.
E questo non è certo uno stimolo per armare la mano dei rivali contro il “Porcellum”.
Il senso di responsabilità suggerirebbe di intervenire al più presto. Se si andasse ad elezioni con il sistema vigente, i vincenti necessiterebbero di un misero trenta per cento per accaparrarsi più del 50 per cento dei seggi. Un’equazione completamente insana, che trasforma gli elettori in un grande tableau vivant che fa da sfondo alla politica politicante.
È il momento. Preferenza secca: tedesco o “Mattarellum”?
 Nessuno dei due, a essere sincero. E comunque, semmai si aprisse un giorno lo spiraglio per mutare sistema elettorale, avrei da proporre ai nostri parlamentari una condizione preliminare.
Sbarazzarsi del “Porcellum”.
Sì, certo. Ma poi scriviamo sulla Costituzione che la legge elettorale possa essere modificata solo nel corso dell’anno successivo alle elezioni, con l’obbligo di sottoporla a referendum popolare. Una misura drastica, che però eviterebbe ulteriori trappoloni come fu la riforma Calderoli nei confronti dello schieramento avversario. I partiti dovrebbero essere obbligati a scrivere la nuova legge sotto un velo d’ignoranza, per usare l’espressione di John Rawls. A quel punto nessuno potrebbe più fare calcoli, e decidere in base a una logica di perdite e ricavi.  
Spunto a dir poco temerario. Ma visto che siamo in Italia, come la mettiamo?
A me sembra giunta l’ora di tornare all’uno contro uno in una logica uninominale. Oggi come non mai, occorre la possibilità di revocare gli eletti immeritevoli, mentre è accaduto che la politica ha revocato gli elettori.
Riproviamo. “Mattarellum”?
Di certo è un sistema che ripristina i legami tra candidato e potenziali votanti, e che vincola le scelte individuali alle necessità del territorio. Sarebbe la scelta più semplice, considerato che è già bella e pronta.
Ma c’è un però.
È molto arduo immaginare Pd, Idv, Mpa, Api, Fini e Vendola a spartirsi i collegi per quote come avveniva con la vecchia legge Mattarella. Per questo, il “però”, si chiama sistema elettorale alla francese, che consente una maggiore semplificazione della rappresentanza parlamentare senza frustrare la scelta dell’elettore. Un modello che non necessariamente dev’essere vincolato al doppio turno. Si tratta inoltre di un sistema molto efficace nel drenare l’astensionismo, che sarebbe molto indicato per il nostro attuale panorama sempre più recalcitrante o indolente di fronte al voto.
E il modello tedesco?
Trattandosi di un proporzionale, avrebbe il pregio di blindare la Costituzione e metterla al riparo dai numerosi assalti all’arma bianca ricevuti in tempi recenti. Nessun padre fondatore scrisse che avrebbe dovuto essere il modello sacro, ma è evidente che la Carta fu scritta ammiccando al proporzionale come punto di riferimento.
Controindicazioni?
È un sistema proporzionale con una soglia di sbarramento al 5 per cento, ma visto che contempla anche i collegi uninominali si presta a far passare l’idea che ci sia una componente maggioritaria capace di mantenere in piedi il bipolarismo. In realtà i collegi uninominali tedeschi sono diversi da quelli inglesi e francesi. Semplicemente non sono veri collegi maggioritari. E proprio per questo motivo il sistema tedesco lascia liberi i partiti di decidere con chi allearsi dopo il voto.
E a Berlusconi non piacerebbe molto.
È chiaro che se le alleanze non si facessero prima del voto salterebbe il bipolarismo e si arriverebbe alla scomposizione degli attuali schieramenti politici. Il premier perderebbe così il vantaggio di cui beneficia. È per questo che anche parte del Pd e dell’Udc la reputano la giusta soluzione a breve termine.
Ma il condizionale è d’obbligo.
Nessuna illusione. Ma sarebbe ora di tornare a votare chi vogliamo. (f.l.d)

da Liberal 28 agosto 2010

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