mercoledì 25 agosto 2010

Pezzotta: «Mai l'Udc con il Cavaliere. Non andremo al governo per salvarlo dai suoi processi»


Tutto si gioca oggi sullo sfondo lacustre di villa Campari. Da una parte l’amico Umberto, invelenito come un carpione di fronte alla prospettiva di riabbracciare i centristi all’interno di una nuova maggioranza che già in passato ha sfoggiato umori non troppo conviviali alla variopinta tavolata del Cavaliere. Dall’altra lui, il premier dimezzato, che sulle sponde del lago Maggiore proverà a tornare all’originaria vocazione che ne ha fatto un pescatore di uomini, a volte senza troppo talento. In mezzo la lenza del leader, che pregusta un rimpasto in salsa udiccina per assicurarsi un’altra sfavillante crociera al largo della giustizia. C’è da convincere il riottoso Senatùr, ma non solo. Perché all’idea di insediarsi al governo, alcuni centristi doc come Savino Pezzotta non fanno certo capitomboli di gioia. «Non possiamo reggere il moccolo a questo governo senza forma nè sostanza – spiega a liberal il deputato dell’Udc – sarebbe come arrendersi alla sindrome di Stoccolma. Ci hanno ripetuto che non contavamo nulla e che non c’era alcun bisogno del nostro contributo perché c’era la vocazione maggioritaria. E adesso che il Pdl è al collasso, viene a offrirci qualche poltrona per sperare di continuare a differire i processi del premier. Sembra una commedia all’italiana, ma fa piangere per quanto è ridicola».

Onorevole, nella strenna confezionata per voi dal premier sembra esserci anche il quoziente familiare. E poi ironizzano sul partito dell’amore.
Di solito si dice che non si accettano caramelle dagli sconosciuti, ed è un sano consiglio. In questo caso invece partiamo avvantaggiati, perché sappiamo già chi ce le offre. Come ci si può ricordare solo adesso del quoziente, dal momento che sono anni che la nostra battaglia per applicarlo è rimasta inascoltata?
Questi ed altri preziosi messi sul piatto dal Cavaliere, hanno fatto storcere il naso all’amico Umberto. Basterà il federalismo, per convincerlo ad accogliervi nella maggioranza?
 Il premier si è allevato una serpe in seno per interi lustri. Se l’è coccolata, nutrita e vezzeggiata e ora si è accorto che la creatura è diventata un po’ troppo famelica anche per i suoi gusti. Ma i problemi che ha Berlusconi con la Lega non ci riguardano, e per quanto mi riguarda non c’è nessuna intenzione di risolverli.
Un eventuale turnover tra finiani e centristi eviterebbe l’avvento di un’altra quarantina di padani aggiunti alla Camera. Proprio sicuro che non vuole sacrificarsi? 
Niente affatto. Un’eventuale accordo con Berlusconi sarebbe un suicidio politico. Credo che Cesa e Casini condividano il mio pensiero e non scenderanno a patti. Non possiamo dilapidare anni di lavoro spesi a conquistare la fiducia degli elettori in nome della terzietà e della lotta a questo bipolarismo limaccioso che affonda la politica vera.
A proposito di futuro. Che cosa pensa che ne sarebbe del terzo polo, se tornaste al capezzale del premier?
 Non accadrà. Ma semmai dovesse accadere, avremmo perso l’opportunità di raccogliere in un grande rassemblement tutti i moderati che in questi anni hanno cercato di costruire un’alternativa di saggezza a questo teatrino bicefalo senza capo nè coda. La gente è stanca. E vuol sapere una cosa?
Ci mancherebbe
 Sono stanco anch’io. Lo dico a tutti i miei colleghi. Dobbiamo recuperare la capacità di indignarci, e andare avanti con coraggio, così come ci chiedono i nostri elettori nella vita quotidiana, quella al di fuori di palazzi e beghe ridicole.
Proviamo in un altro modo. Che ne sarà di questo governo?
 Quello che so è quello che è oggi: un sistema di potere al collasso nutrito a forza da un leader che ordina lodi, scudi e processi brevi à la carte mentre tutto il Paese gli crolla intorno. Un governo che discute di probiviri ed epurazioni, e non muove un dito a favore della gente comune, dei disoccupati, dei cassintegrati e dei giovani.
Proviamo a immaginare per un momento una convivenza con la Lega. Che cosa vede davanti a sè?
 Vedo ad esempio i nostri elettori delusi dopo aver creduto a una corsa autonoma, controcorrente rispetto a questa maggioranza. E vedo anche Maroni, che appare lusingato dall’operazione xenofoba messa in piedi in Francia da Sarkozy. Per non parlare del paradosso temporale in cui vive l’èlite leghista: mentre la Fiat si internazionalizza, chiede come un sol uomo la secessione della Padania.
E c’è poi quel simpatico guazzabuglio alchemico chiamato federalismo.
 Noi siamo per il federalismo, solo se inteso in senso solidale, nell’idea di bilanciare le sperequazioni sociali. Il federalismo fatto di competitors che si sbranano in nome del proprio business non ci interessa ed è contrario alla nostra ispirazione cristiana.
In effetti la mattanza dei poveri non è tra i punti più rilevanti del Vangelo. 
Bene comune, solidarietà, aiuto concreto ai bisognosi non sono semplici mantra da omelia della domenica. Le radici cristiane che ispirano la nostra formazione sono congenitamente avverse all’egoismo territoriale di questo o quel podestà locale. Ma come si fa a pensare di dialogare con la Lega che promuove qualcosa come lo Statuto Veneto di Zaia? Il problema è che in politica ci sono valori non negoziabili, che oltre a definire il politico, definiscono l’uomo e la sua idea di mondo.
Come le sembra, ad esempio, l’idea di un Nord Italia consegnato alla Lega, dopo un’eventuale alleanza con il Cavaliere?
 Credo sarebbe un grave errore, perché il Centro, pur non possedendo numeri grandiosi, al Settentrione ha saputo rappresentare l’espressione di un’alternativa credibile, sulla quale si è lavorato con passione e pazienza per tentare di arginare il trionfo dei municipalismi più beceri.
E per passare dall’ideale al pratico, c’è poi qualche autorevole sondaggista, che parla di uno spazio al Centro sempre più ampio.
 La verità è che si vive da tempo una crisi politica e strutturale, che non si risolve con un giro di valzer, un paio di poltrone e due tappeti colorati. Non è giusto tenere in piedi questo governo, che invece di interessarsi al 30 per cento di disoccupazione giovanile, discute degli appartamenti di Fini a Montecarlo. (f.l.d)

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