lunedì 9 novembre 2009

Via delle Oche, storie molto attuali di escort antiche.



Mettete insieme un nugolo di escort, un vezzoso onorevole che a turno le accoglie in grembo o in politica, un rampante prosseneta che prezzola l’idillio e un abile spin-doctor capace di trasformare un lettone micragnoso nella culla della nuova democrazia. Aggiungete al tutto ricatti, killeraggi mediatici a colpi di dossier, e un pizzico di beffarda impunità. Se pensate a uno speciale del tg1 da Palazzo Grazioli avete sbagliato Paese, ma non confidate abbastanza nei miracoli del teatro. Via delle Oche, secondo romanzo di Carlo Lucarelli che oggi inaugura la stagione del teatro Il Pozzo e il Pendolo di Napoli, nell’allestimento di Annamaria Russo e Ciro Sabatino, è stato scritto dodici anni fa ma ha tutta l’aria di un istant-play. Sulla scena di Piazza San Domenico Maggiore, a dare corpo e voce all’intrigante giallo del conduttore di BluNotte fino al 29 novembre dal venerdì alla domenica, Antonello Cossia, Rosalba Di Girolamo, Adriana Follieri e Dalal Suleiman. Un quartetto di attori affiatati per una vicenda che, ambientata a Bologna nel 1948 a tre giorni dalle elezioni politiche che chiameranno gli italiani a scegliere tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista, pone il commissario  De Luca negli scomodi panni di chi fa una decina di domande, aspetta risposte per decine di giorni, e per ingannare l’attesa ha la pessima idea di trovare qualche risposta per conto proprio. Al centro delle sue indagini, la casa di tolleranza di Via delle Oche,  dove piacenti donnine non ancora autorizzate a fare il mestiere a domicilio, intrattengono i clienti senza video o canzoncine motivazionali, come voleva la tradizione di allora. Sono capeggiate dalla Tripolina, tignosa maitresse che apre a De Luca le porte della sua magione, comicamente descritta come una toilette di quelle che mandano su tutte le furie Cicchetto.  Ma la casa chiusa è anche la sede di un misterioso suicidio. Un oscuro manutengolo di nome Ermes Ricciotti, coordinatore delle giovani entreneuse non impegnato, da quello che si sa, in commercio di protesi, viene trovato morto. Il sospetto che si tratti di una messa in scena, condita da pietose bugie, si impadronisce di De Luca. E da quel momento, il commissario non avrà più pace. Tra sulfurei precursori di quel diavolo di Signorini, enigmatici confidenti e operazioni di controspionaggio, la stimmate di Boffo cala anche sul petulante commissario e il suo aiutante. Nella migliore tradizione italiana, cercano la verità e trovano la sempre verde ragione di Stato. Che tradotta suona più o meno come colossale balla ad personam. Sarà che il prefisso De, oggi come allora, porta iella, ma anche De Luca non riuscirà a portare a termine la sua indagine. E il suo aiutante viene trasferito a Palermo, sulle tracce del bandito Giuliano.  Paladini della giustizia? Mavalà. Sono commissari rossi, cribbio. (f.l.d)



Da “Il Fatto Quotidiano"  7 novembre 2009

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