martedì 3 novembre 2009

Amato, il Dizionario, la Cadillac e i precari: tutto quello che non vi hanno detto sulla Treccani


Provate a immaginare un’opera colossale, capace di raccogliere le storie di tutti gli italiani illustri che hanno messo piede sul suolo patrio dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente a oggi. A occhio e croce, un casting impossibile, da farsi tra più di mille e cinquecento anni di storia. Se intuite che si può fare, ma in pratica è impossibile, avete puntato sul filosofo sbagliato. Perché in barba a Kant, e all’uso empirico della ragione, Giovanni Gentile ideò nel 1925 il Dizionario biografico degli italiani. Ma da bravo idealista, affidò la compilazione dell’immane papello a Fortunato Pintor e Arsenio Frugoni. Il risultato fu che ci vollero quindici anni. Si approntò uno schedario immenso, da cui furono selezionati 40mila compaesani degni di nota. Metterli in fila, raccontandoli uno per uno, avrebbe richiesto la bellezza di cento volumi, esclusi supplementi e appendici. Numeri fuori da ogni logica? Forse. Fatto sta che nel 1960, il primo tomo del Dbi parte del progetto enciclopedico Treccani, viene dato alle stampe. E da allora, fino ad oggi, ne sono stati pubblicati altri settantadue. Quest’anno si è giunti alla lettera M. Ma ecco che, più o meno nel mezzo del cammino, il Dizionario finisce in una selva oscura.


Tutto comincia pochi giorni fa, con un appello firmato da decine di studiosi. Denunciano che negli ultimi mesi è stata sospesa l’assegnazione delle voci biografiche dei futuri volumi. La preoccupazione è che «tale decisione possa preludere alla chiusura dell’opera o alla sua trasformazione in un prodotto diverso, di minore valore scientifico». Dietro la decisione c’è lo zampino di un italiano illustre. Vedere alla lettera A di Giuliano Amato, nuovo presidente della Treccani. Possibile che il Dizionario chiuda i battenti? Il panico si diffonde. «Sospendere il Biografico? Mai detto e mai pensato», fa sapere l’ex presidente del Consiglio. Tutto tranquillo, allora? Non proprio, perché a proposito del Dbi, Amato spiega: «Io arrivo alla Treccani da neopresidente e mi trovo dinanzi questa Salerno-Reggio Calabria della storia culturale italiana. Cominciata nel 1960, dopo cinquant’anni siamo ancora alla voce Giulietta Masina : una storia infinita. Il mio obiettivo è abbreviarne i tempi». La metafora autostradale evoca cupi scenari di sprechi e parassitismi proverbiali. Inevitabile pensare al presidente della Treccani, negli scomodi panni di un Caronte dagli occhi infuocati, che picchia col remo colui che si adagia. Possibile che sarà un uomo colto come Amato a traghettare all’Inferno la cultura italiana? A sentire lo storico Carlo Ginzburg («un’idea grottesca») e i vertici di Italia Nostra («l’ennesimo colpo alla cultura e al sapere scientifico», sembra di sì.
L’idea di Amato consiste nello spostare tutte le voci biografiche, a oggi affidate a studiosi di ogni parte del mondo su decisione della redazione del Biografico, sull’on line. Dalla M alla Z, tutti i personaggi ritardatari sono cioè pregati di cercarsi un autore per conto proprio. Chiaramente gratis, e in modalità random. Entro gennaio la redazione del Dizionario dovrà fornire perciò il lemmario contenente tutte le voci. Poi l’elenco verrà pubblicato sul sito della Treccani, e dopo di che si aprono le danze. Chi vuole compila, su modello Wikipedia? Orrore, cinquant’anni di lavoro buttati. In realtà non è proprio così. «La lista degli studiosi volontari e successivamente le voci redatte saranno sottoposte al vaglio di Caravale (direttore del Dizionario biografico, ndr) e della sua redazione: è qui la sostanziale differenza rispetto a Wikipedia», rassicura il presidente Amato. Sì, ma che cosa succede agli italiani illustri, che però sono in pochi a conoscere? Restano nel limbo? È il momento di fare chiarezza. «Le voci scritte sull’on line, saranno esaminate dai nostri redattori – spiega a liberal il direttore del Dizionario, Mario Caravale – e l’iniziativa potrebbe in effetti accelerare la conclusione dell’opera. Siamo disponibili a sperimentare questa soluzione, ma anche se nel merito si tratta di una proposta condivisibile, sorgono alcuni interrogativi sul metodo».


Per capire come funziona la macchina del Dizionario, bisogna pensare a una specie di ateneo in miniatura, suddiviso in Dipartimenti. Le trenta persone che presiedono al progetto, sono suddivise in aree di competenza: Storia medievale, moderna e contemporanea, Storia dell’Arte, Storia delle Scienze e Storia della Musica. Per ciascun personaggio in lista d’attesa nel lemmario, la “commissione” individua uno studioso che abbia mostrato profonda conoscenza dell’italiano in questione. E, per la modica cifra di quaranta euro a cartella lorde, un quinto circa di quanto occorre per pagare una notiziola di gossip, il professore redige la voce. Ma chi immagina che a questo punto il gioco è fatto, deve ricredersi, perché è qui che inizia il vero lavoro dei “dipartimenti” biografici. Ciascun saggio, prima di avere l’imprimatur, deve infatti affrontare una vera e propria odissea processuale. Ogni singola parola che articola la voce, affronta cioé sei “gradi di giudizio”. Revisioni, controlli, incroci, refusi. Nulla può sfuggire. Dato che negli ultimi quindici anni sono stati pubblicati trenta volumi, per un totale di settecento voci l’anno, i conti sono presto fatti. Presso la redazione del Dizionario, si dà via libera a più di settanta voci al mese. E ciascuna ha affrontato l’esame dei componenti per sei volte. Una fatica di Sisifo. Non è che, come sempre succede ai confini della dignità umana, ci sono di mezzo i precari? Bingo. «In redazione abbiamo tre dipendenti che hanno accettato il contratto di solidarietà, per il resto si tratta di lavoratori flessibili», conferma Caravale. E in effetti la schiena di questi lavoratori è ben flessa: mille euro al mese. E proprio qui nasce il busillis. «La decisione di Amato può essere applicata solo a condizione che il nostro personale venga ampliato e consolidato – spiega il direttore del Dizionario – Infatti non c’è stato nessun contrordine in merito al nostro lavoro ordinario. Noi continueremo cioé a mandare avanti la compilazione dei lemmi, in ordine alfabetico, e la loro valutazione. Il problema è che dovremo farci carico anche delle voci che vengono compilate on line dagli studiosi che si offrono volontari».


E il quadro si fa a questo punto inquietante. Perché la conclusione accelerata della “Salerno – Reggio Calabria”, non solo graverà sulle spalle degli attuali dipendenti a progetto. Ma rispetterà alla lettera la nozione di contratti a termine. Allo stato attuale, e contrariamente agli anni precedenti rispetto a questo periodo, non sono ancora stati rinnovati. Piuttosto, si è detto che occorre ridurre drasticamente le spese. Elegante perifrasi da leggersi voce L: licenziamento. L’ipotesi, è fino a prova contraria, che oberare di una mole di lavoro insostenibile redazionale e on line, sarebbe un ottimo incunabolo per smantellare tutto più in fretta. «Abbiamo incluso nel Dizionario i primi imprenditori, e conservato la memoria di importanti sindacalisti. Abbiamo intuito la statura artistica dei primi fotografi e l’estro di chi ha fatto della moda la sua professione. Il Dizionario ha accompagnato la storia degli italiani, e gli italiani nella storia», argomenta il professor Caravale. In ogni università del mondo, il Dizionario biografico è stato fedele compagno di tesi e dottorati perché di fatto è un’opera unica e irripetibile. Di molti personaggi minori è l’unica fonte conoscitiva. Gherardo da Cremona, ad esempio. Studioso medievale che varò la formula del ”pi-greco”, di cui oggi sapremmo poco o nulla. Tutt’altro progetto, rispetto a Wikipedia. Ma non in senso spregiativo, si badi. Ma perché il Dizionario è complementare al sapere partecipativo, nella misura in cui si rivolge a quello specialistico, insostituibile per il progresso degli studi. «Un gruppo di trenta persone è paragonabile a una Cadillac in tempi in cui dobbiamo adattarci alla Punto», ha chiosato il presidente Amato, arrotando la scure.


E così mentre la Salerno-Reggio Calabria, quella vera, continua a restare incompiuta, si accorcia la vita all’eccellenza italiana. Strategia della fermezza, nessuna trattativa. È la cultura crapulona, la vera piaga. Abbasso gli spreconi e giù botte agli operai. Quelli che, per fabbricare le poche Cadillac di questo Paese, una Punto non potranno mai permettersela neppure a rate. (f.l.d)


da Liberal

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