martedì 7 luglio 2009

Il ministro portoghese si dimette per le corna (fatte con le mani, mica con altro).Il nostro premier resta la suo posto. Due corna e due misure


Prima gli avambracci che si ripiegano sui bicipiti, poi i gomiti che salgono sulle clavicole, e infine i pugni chiusi che si accostano alle tempie, liberando due indici puntuti a incorniciarne il volto truce di uno sgherro. Rivisto alla moviola, il gesto delle corna che ha costretto alle dimissioni il ministro portoghese dell’Economia, Manuel Pinho, giunge qui da noi candido e birichino come una ragazzata su un campo di calcio. Non drammatizziamo, è solo questione di corna. Mica le ha fatte davvero, il ministro Pinho. Le ha solo mimate sulla testa di un altro, che oltretutto si chiama Bernardino Soares, è un povero comunista, e per di più capogruppo. Paragonata alla nostra vita democratica, aperta alle aggressioni fisiche più entusiasmanti, e agli epiteti razziali più divertenti, quella portoghese appare obsoleta e reazionaria. Un apparato ancora fissato a certi arcaismi come la legge e il galateo costituzionale, che punisce con l’esclusione i suoi rappresentanti più creativi. Un luogo misero e pretelevisivo, dove il Parlamento sanziona impudicamente persino i gesti metaforici, e reprime barbaramente la libera espressione di un funzionario pubblico solo perché di animo passionale e di modi un po’ carnevaleschi. Che mancanza di estro figurativo, che cecità di fronte a tanto circense talento. E quanta scipitezza nel Parlamento portoghese. Costretto a dimettersi in casa sua, l’ex ministro Pinho sarebbe tra i banchi delle nostre aule niente più che un ingenuo scolaretto che ha tutto da imparare dai compagni più grandi.
Un Paese come il nostro avrebbe il dovere morale di invocarne l’asilo politico. Pinho andrebbe seguito certo, ma col tempo capirebbe anche lui che il telone di un circo non è meno tondo di un’aula parlamentare. Uno di quelli da prendere sottobraccio, cui insegnare le magnifiche sorti e progressive della nostra vita in diretta. Non ci starebbe a disagio tra i nostri scranni, Manuel Pinho. Forse solo all’inizio, per via di quelle mortadelle sfoderate e ingurgitate nel pieno di una sessione parlamentare o per quei calici che tintinnano ogni volta che le democratiche opposizioni salutano l’ennesima legislatura accoppata. Solo un po’ di imbarazzo, tipico del novizio. Uno che invece di fare il pupazzo in proprio, arriverebbe qui da noi con la tenerezza fanciullesca di chi ancora disegna metafore con le mani, facendo barcollare il cravattino giallo. Un tipo antiquato, ma di quelli con un’aria che quando vuole sa diventare grifagna, quasi all’altezza di quella dei nostri più celebrati dottori della smorfia e della simpatica sconcezza. Forse risulterebbe antiquato in una democrazia dell'avvenire come la nostra, ma pian piano imparerebbe e potrebbe puntare persino alle più alte cariche. Basterebbe dismettere le becere salmodie della vecchia politica, e termovalorizzare un po’ di più il nobile impulso alla mendacia e alla doppiezza, che rende libero qui da noi ogni essere umano che si rispetti. Venisse in Italia, Pinho avrebbe finalmente la possibilità di compiere un cursus honorum degno di un vero protagonista della Terza Repubblica. Partirebbe da qualche barzelletta bipartisan, proseguirebbe con la compravendita innocua di qualche sentenza e griderebbe al complotto ogni volta che qualcuno ne adombra la specchiata morale. E poi, dovrebbe imparare a sorridere di più, Pinho. Quei capelli scarruffati e tutto quel veleno a scorrere in labiale senza neanche l’ombra di un caloroso sorriso. Per carità. Troppa ingenuità, signor ministro portoghese. Qui le insegnerebbero presto a promettere e autocelebrarsi, ma solo per irradiare un po’ di benessere. Così, senza superbia. Con la stessa involontaria proprietà transitiva del sole. E poi a stare attento a non cascare nemmeno per sbaglio nella verità. Perché qui c’é solo la smentita, mica la balla.
Se le immagini l’avessero inchiodato, ad esempio, a dare del cornuto a uno che difende i minatori, l’ex ministro portoghese avrebbe avuto in Italia vera giustizia. In una vera Repubblica fondata sulla televisione, futurista e creativa, ottimista e baldanzosa come la nostra, mica il ministro Manuel Pinho sarebbe mai stato costretto a dimettersi perché ha dato del cornuto a Bernardino Soares. Qui da noi avrebbero cacciato via Bernardino Soares: l’utilizzatore finale delle corna. (f.l.d)

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