martedì 16 giugno 2009

Terremoto in Abruzzo: tutto previsto dal 2001 ma nessuno ha mosso un dito per pianificare l'emergenza


«Tra le macerie delle chiese e dei monumenti aquilani, in mezzo ai brandelli di storia e di arte spezzati dalle scosse, scorrono sottotraccia i rivoli terrosi di questo Paese, ineguagliabile per densità artistica e impareggiabile per negligenza progettuale, capacità tecniche sprecate, spettacolarizzazione dei drammi della collettività a colpi di lustrini e caroselli. Si inneggia all'ottimismo, per tacitare gli scomodi Laocoonte. La polvere dev'essere nascosta affinché il tappeto possa splendere. E perciò in Italia non si dice che nel febbraio 2001 il Servizio Sismico Nazionale guidato da Roberto De Marco presentò tre diverse analisi di scenario che prevedevano per L'Aquila una pianificazione dell'emergenza in caso di un terremoto assai probabile. Un rapporto che più di otto anni fa, individuava norme di messa in sicurezza del territorio e dei beni artistici abruzzesi. In Italia non si dice nemmeno che a fronte di una sismicità che abbraccia il 70 per cento del territorio, a fronte di una guerra ai terremoti iniziata dopo il disastro di Messina cento anni fa, è in sicurezza solo il 18 per cento degli edifici. E che, l'edificato antico, vero zoccolo duro del problema sismico nazionale, viene concepito soltanto come una specie di grande parco divertimenti con rovine. In Italia, centri storici e i beni architettonici, vengono agghindati a festa per i turisti e sfruttati nelle maniere più carnevalesche a fini commerciali. Messi in sicurezza, mai. Si creano cartoline. Vedute fumose che fotografano bellezze di cartapesta. Luoghi labili, ma marci. Vittime di un'incuria molto glamour, che le condanna a un collasso inevitabile». Vittorio Emiliani, presidente del Comitato per la Bellezza, e saggista che ha speso pagine su pagine a tutela del patrimonio artistico nazionale, è pacato ma impietoso.

Il calcestruzzo usato per rinsaldare chiese e monumenti abruzzesi è finito sotto accusa. Possibile che nessuno sapesse che avrebbe agito come un maglio e moltiplicato i danni del sisma?

La logica delle iniezioni di cemento in funzione antisismica , oltre che essere una prassi diffusa e sbrigativa, è la metafora di un maquillage estetico. Proprio come si fa in caso dei dissesti – probabili o compiuti – dell'età, non si bada a seguire accorgimenti più faticosi come una dieta e una paziente attività complessiva, ma ci si rivolge alla chirurgia estetica. Iniettare cemento nelle strutture antiche, è come istillare botulino per nascondere l'invecchiamento della pelle. L'effetto c'è ma è temporaneo, e quando finisce tutto è molto più vecchio di prima. Pier Luigi Nervi, ingegnere celebrato in Italia e nel mondo e grande pioniere del cemento armato, lo aveva detto decine e decine di anni fa: “Grazie per gli applausi, signori, ma le mie strutture non dureranno in buono stato più di cinquant'anni”. Il cemento armato, a dispetto dell'immaginario comune, è un materiale fragile e poco durevole, e usarlo in chiave antisismica è una pratica davvero azzardata. Lo sanno tutti da tempo, ma è poco costoso ed evita un sacco di noie. Il materiale d'elezione del pensiero all'italiana, insomma.

Possibile che il terremoto in Umbria non abbia insegnato nulla?

Giorgio Croci, uno dei maggiori strutturisti del mondo, ha salvato i templi di mezza Asia e anche la Basilica Superiore di San Francesco in Assisi. Pochi giorni fa l'ho sentito, e mi ha spiegato che anche all'Aquila, dove ha fatto dei sopralluoghi, le solite iniezioni di cemento hanno rovinato il tetto del Castello cinquecentesco dell'Aquila e la Basilica di Collemaggio. Pur avendo individuato da tempo i mali del calcestruzzo, e avendo fatto un lavoro eccelso ad Assisi, è stato chiamato in Abruzzo solo da pochi giorni. Mi ha spiegato che il vero problema è che per un restauro adeguato, servono fondi ingenti, pratiche snelle e un lavoro accurato. A giudicare dagli annunci del Governo, mi sembra che le sue speranze siano mal riposte. Innanzitutto perché c'è la voglia di sbalordire per velocità ed efficienza. Poi perché l'unico provvedimento sbandierato dal premier a favore dei monumenti aquilani è la fanfaronata dei beni artistici adottati dai Paesi. Uno spot che nasconde l'amara realtà di un accattonaggio di Stato. I tempi della pubblicità poco si adattano ai tempi di opere secolari.

Scettico anche sulle mosse del ministero dei Beni culturali, immagino.

Il crollo dei monumenti aquilani ha dato conferma che Sandro Bondi è un ministro inesistente. Chiuso a via del Collegio Romano a scrivere haiku, ha delegato tutto alla Protezione civile. La prima ordinanza governativa post-terremoto dice, assai genericamente, che il vice-commissario alla Protezione Civile si avvale del supporto tecnico del Ministero. È veramente grottesco che l'ingegnere Marchetti, vicecommissario alla Protezione civile per l'Abruzzo, è anche direttore generale dei Beni culturali nel Lazio. Un uomo del ministero, chiamato a esautorare il ministero stesso a favore della Protezione civile. Se si aggiunge che con l'articolo 45 del decreto post-terremoto, vengono estromesse le Soprintendenze, bisogna chiedersi dov'è finito il ministero competente. La messa in sicurezza del territorio pubblico dovrebbe essere da sempre, nella terra sismica per eccellenza, la più grande opera pubblica. Finirà con qualche battimano, due o tre strilli miracolistici e qualche bella cartolina dalla ricostruzione. Iniezioni di cemento. Iniezioni di immagine. Tutto nuovo, più vecchio di prima.

















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