Roma. «Lui ha detto a Nicola che il suo ruolo è fallito là, hai capito, perché lui era convinto, ti ricordi, di archiviarla». È un Gianpaolo Tarantini allarmatissimo, quello che chiama Lavitola dopo aver appreso che qualcosa sta per andare storto. Ma dietro la preoccupazione del giovane prosseneta, si nasconde forse la tessera mancante di un puzzle che ieri aveva portato all’arresto di Gianpi e consorte per estorsione ai danni del premier. E che oggi vede la procura di Lecce, che nei giorni scorsi ha ricevuto da Napoli gli incartamenti dell’inchiesta, indagare sui colleghi baresi. Per tentare di ricostruire i punti che tengono insieme questa complicata triangolazione, bisogna ritornare alla tessera iniziale. Il Nicola di cui parla Tarantini al telefono, altri non è che Nicola Quaranta, ossia il suo avvocato difensore. Lo stesso che, secondo il racconto dell’addetto alle pubiche relazioni del Cavaliere, ha appreso che Lui non può più fare niente per aiutarli ad archiviare l’inchiesta. Ma chi è Lui? E perché il suo ruolo è fallito? Nella ricostruzione di Tarantini e Lavitola, si tratterebbe del procuratore di Bari, Antonio Laudati. L’identikit arriva da un’altra conversazione, in cui il pugliese rampante lo nomina esplicitamente. «Embè, e che vantaggio ha il pm a riaprire le indagini, scusa?», gli chiede Lavitola. E Tarantini: «No, il vantaggio ce l’abbiamo noi; l’ha fatto apposta Laudati questo, perché, si sono messi d’accordo, nel momento in cui riaprono l’indagine e non mandano l’avviso di conclusione, non escono pubbl…non diventano pubbliche…le intercettazioni». Lavitola conferma che è la stessa opinione dei due legali chiamati a rappresentare il giovane, il succitato Nicola Quaranta e Giorgio Perroni. Secondo Gianpi, dunque, «il capo», cioè Laudati, ha cercato di insabbiare l’inchiesta. Tarantini avrebbe potuto scrollarsi di dosso anche l’accusa di favoreggiamento della prostituzione. Sennonché si mette di traverso la Guardia di Finanza, che nella colorita lingua del giovinastro, ha fatto «un puttanaio». Laudati è «cacato nelle mutande», racconta l’imprenditore di protesi, perché le fiamme gialle hanno consegnato in Procura una informativa esplosiva. Dentro ci sono tutte le intercettazioni tra Gianpi e il premier Silvio Berlusconi, le stesse che ancora sono coperte da segreto e avrebbero spinto Tarantini a estorcere denaro al premier per patteggiare. Una soluzione che farà in modo che queste restino sconosciute per sempre. «Dice (Laudati) che sono terrificanti», spiega Gianpi all’amico Lavitola. Laudati «non se la può più tenere questa cosa finale, la deve per forza mandare». L’inchiesta insomma, in presenza di queste intercettazioni terrificanti, non può più essere archiviata . Con grave danno per tutti. «Lui (sempre Laudati) dice che si evince chiaramente che c’e’ il reato di favoreggiamento», riferisce Tarantini. Gianpi confidava nell’archiviazione ma ora si sente braccato. Il suo santo in paradiso non può più aiutarlo.
Ed è a questo punto che probabilmente, cambia la strategia dei suoi avvocati. Ora è forse il momento in cui si comincia a puntare sul patteggiamento, che secondo la procura di Napoli diventa merce di scambio per estorcere denaro al premier. Ma è proprio vero, come raccontato da Panorama (che tra l’altro, veleno tra veleni, ha avuto accesso a carte coperte da segreto con grave disappunto dei pm napoletani), che lo stesso Tarantini abbia discolpato il premier? Berlusconi era davvero inconsapevole che le donne piegate dal suo fascino incontenibile fossero invece non proprio irraggiungibili prostitute? Panorama dice di sì, ma sul punto, incalzato da Lavitola, Tarantini tradisce un certo nervosismo. «Sul fatto che lui non lo sapeva, si», concorda l’imprenditore pugliese, «però siccome alcune sono coinvolte a Milano, confermano il fatto che erano puttane». Gianpi è preoccupato che ci sia qualche indizio capace di mettere in dubbio la buona fede del Cavaliere? Forse, bisognerà attendere. La cosa certa è invece che le intercettazioni tra il premier e Tarantini sono davvero agghiaccianti, al di là delle implicazioni penali. E ora che le Guardia di Finanza le ha trascritte, Laudati ha le mani legate. Ha provato a sopire tutto, ma ora non può più nulla, il procuratore barese. Pura millanteria del giovanotto, o ipotesi percorribile? Un riscontro in effetti c’è e risale allo scorso luglio, quando, l’ex pm barese, Giuseppe Scelsi, responsabile dell’inchiesta sulle escort di Palazzo Grazioli dal 2009, e poi trasferito alla Procura generale, scrive una lettera al Csm. Una lunga serie di accuse contro il procuratore di Bari, Antonio Laudati, che da due anni segue l’inchiesta sulle escort di Palazzo Grazioli senza venire a capo di nulla. Scelsi accusa Laudati, in particolare, di avere tenuto per sé impropriamente il rapporto della polizia giudiziaria che aveva indagato su Patrizia D’Addario e company. Laudati smentisce tutto, ma Tarantini e Lavitola sembrano tracciare un quadro compatibile. Due campanelli d’allarme. Quanto basta perché i pm napoletani Piscitelli, Curcio e Woodcock abbiano affidato alla procura di Lecce documenti e intercettazioni che fanno ombra a Laudati. Napoli dà dunque informazioni a Lecce nei giorni scorsi. Ieri arresta Tarantini e oggi Lecce indaga su Bari. Dopo questa prima ricostruzione, è il momento di porsi una difficile ma necessaria domanda: davvero Tarantini è colpevole di estorsione al premier? O qualcuno ha messo le mani nella sabbia per salvare un’inchiesta che molti volevano cadavere?(f.l.d)
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