martedì 5 luglio 2011

«La verità è che con questi tagli vergognosi, entro i cinque anni i pensionati saranno ridotti alla fame»

Roma.«Se i numeri sono questi, non c’è altro esito possibile: anche il resto dei pensionati italiani che non sono ancora stati ridotti alla fame, entro cinque anni verseranno in misere condizioni. La verità che il governo non dice è che il loro potere d’acquisto si ridurrà del cinquanta per cento». Presidente della commissione Finanze al Senato, Mario Baldassarri scuote il capo mostrandosi molto rammaricato per l’ennesima falcidie di questo governo che sembra navigare a vista, e usare l’accetta come la panacea per tutti i mali. Nel mirino ci sono stavolta le pensioni, per le quali è previsto il blocco della rivalutazione per quanto riguarda i trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il reddito minimo. Un’operazione che consentirà un risparmio di circa 4 miliardi e mezzo, considerato l’indice di rivalutazione stimato dal governo nell’1,5 per cento. E che, visto l’attuale andamento dei prezzi potrebbe portare nelle casse dello Stato anche sei miliardi di euro, tutti sottratti dalle tasche dei pensionati, deprivati di un’enorme fetta di potere d’acquisto dopo aver lavorato una vita e pagato regolarmente i contributi. «Un’ingiustizia», dice il senatore di Fli. Che prima di entrare nel merito delle pensioni, tiene a precisare che «sono il correlativo oggettivo di un mistero intollerabile, e ormai abituale per questa legislatura che gioca a carte coperte».
Dica pure, senatore.
Sulle pensioni, questo esecutivo conferma la propria condotta opaca. Non si è ancora capito perché i numeri, come quelli della manovra, debbano saltare fuori soltanto da bozze, indiscrezioni e chiacchericci, e perché il presidente Napolitano non sia stato ancora messo a conoscenza di come il governo intende affrontare il debito pubblico. Dove si prendono questi 46 miliardi di euro? Non è dato sapere.
E anche sulla questione pensioni, si brancola nel buio, o quasi. Che cosa ci aspetta?
I blocchi della rivalutazione pensionistica che sembrano esser stati messi in cantiere, sono la riprova che non solo si continua a non sostenere la crescita e a lasciare morire lo sviluppo, ma si priva anche chi ha lavorato per trentacinque o quarant’anni di quanto si è regolarmente garantito con i contributi. Taglieggiare le pensioni con una manovra come quella finita in Consiglio dei ministri la scorsa settimana, significa rendere ancora più gravi questi tagli. Visto che l’aumento delle entrate previsto rischia di andare a intervenire per un terzo sul deficit e per due terzi possa finanziare la spesa corrente, bisogna immaginare che ci sarà una crescita economica pressoché vicina allo zero. E che dunque, i sacrifici delle pensioni, oltreché dimostrarsi dannosi, risultino anche inutili. È come un cane che si morde la coda.
Dal blocco delle rivalutazioni, Tremonti conta di recuperare 4,5 miliardi. Ottimo a livello matematico, ma che succede alla vita reale dei pensionati?
Ai tempi della riforma di Lamberto Dini, si stabilì nel ’95 che l’aumento dell’età pensionabile venisse messo in correlazione con l’aumento dell’aspettativa di vita. Il patto era che i redditi da pensione dovessero essere sganciati dall’andamento dei salari, e che come contropartita, essi venissero protetti mettendoli in correlazione con il potere d’acquisto. Con questo tipo di tagli la vita reale dei pensionati aggiunge pasticcio a pasticcio.
Ci spieghi.
Tempo fa proposi di salvaguardare davvero il pensionato, mettendo in correlazione il suo potere d’acquisto a ciò che il pensionato acquista davvero per far fronte alle sue vere priorità. Quanto può importare, a un uomo sopra i 65 anni, che il prezzo di un telefonino cala di botto? O che una t shirt o una scarpa da tennis possano vendersi a prezzi stracciati? Pensioni più giuste devono riferirsi al costo della vita dei pensionati, le cui spese principali riguardano generi alimentari, bollette, medicinali e assistenza sanitaria. Capisce che cosa significa in concreto bloccare le indicizzazioni?
Ho la sensazione che stia per spiegarcelo.
Se voci come farmaci, alimentari, bollette e assistenza sanitaria aumentano del dieci per cento, e l’inflazione aumenta del due per cento, nel giro di cinque anni il pensionato verrò ridotto a metà il suo potere d’acquisto. Chi guadagna mille euro, ne avrà in realtà cinquecento. Migliaia e migliaia di persone faranno il doppio della fatica per sopravvivere, dopo aver pagato contributi per trentacinque anni.
Non è singolare che questo tipo di manovra sulle pensioni, sia stata fatta da un governo che si proclama liberale e riformista? E che molti esponenti di questa maggioranza, linciarono ad esempio Prodi quando attuò misure in qualche maniera accostabili?
Per l’appunto. Il contributo alla redistribuzione è stato già dato dai pensionati nel corso della vita lavorativa. Imporre loro ulteriori oboli di questa portata è una mossa che ha dell’incredibile. Cose del genere non sono successe neppure negli anni più foschi dell’Unione Sovietica.
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