mercoledì 4 febbraio 2009

Un amore supremo. I grandi del jazz raccontati da Luca Ragagnin


Mesto, stralunato, vibrante di spasmodica aritmia. A leggere Un amore supremo (Instar Libri, 304 pagg. 15 euro) di quell’immaginifico scrittore che è Luca Ragagnin, non si può non pensare che l’odissea del jazz abbia trovato il suo bardo. Inenarrabile per definizione, paradossale perché irriducibile nell’era della riproducibilità tecnica, il suono sincopato che danna da un secolo i filologi del pentagramma, trova nei sessantaquattro racconti di Ragagnin, una rappresentazione compiuta e inafferrabile. Chet Baker, Miles Davis, Bill Evans e Charlie Parker, sfilano in ritratti atipici, lontani anni luce dai noiosi desiderata manualistici, prossimi a cavare l’anima di ciascuno dai suoni e dai corpi, in una multicroma fantasia che conferisce ad ognuno un colore stilistico irripetibile. Pittore di parole, scultore di corpi, sia che Ragagnin si attardi su «Pensieri e visioni di Lennie Tristano mentre esegue Requiem», o si abbandoni al lirismo raffinato di «Bix Beiderbecke nella foschia», racconta un’epoca, e in controluce, fosca e crassa, anche la nostra. Una rapsodia in blues, che aleggia sottile e struggente, sulla barbarica grancassa dei nostri giorni.

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